“Il peggior natale della mia vita”, di Alessandro Genovesi


Era lecito aspettarsi di più dal ritorno in territorio natalizio di Fabio De Luigi che quisembra aver paura a spingere sul pedale della comicità di grana grossa che si vende a dicembre, ma in realtà è proprio così facendo che condanna il proprio film a una anonima copia sbiadita di un tardo Oldoini

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La tentazione folle è di leggere questo secondo episodio delle gesta timidamente benstilleriane dell'imbranatissimo Paolo di De Luigi & Genovesi (anche sceneggiatori del film a quattro mani) come una specie di versione patinata all'italiana dello Shining kubrickiano. La suggestione viene già dalla panoramica aerea che segue l'automobilina elettrica di De Luigi tra i sentieri innevati di montagna nell'incipit: è lo sguardo celeste degli spiriti che abitano il castello Overlook di Abatantuono, dove è diretto il protagonista? Leggere le figure di Abatantuono, Bonaiuti, Abbrescia e Catania come fantasmi che si affannano tra gli androni e le stanze della magione dove è ambientato il film in qualche modo aiuterebbe a giustificare la tonalità decisamente scolorita degli sketch, tentativo pallido appunto come uno spettro di recuperare ritmi e toni, tra catastrofismi, esagerazioni cartoon e gusto del nonsense, della comicità d'oltreoceano. Con il solo risultato di vedere questi interpreti di razza spesso a disagio, e di far assomigliare le sequenze, complice la muzak inevitabilmente e squillantemente swingata dei De Scalzi in colonna sonora, a una serie di educati e compostamente brillanti spot natalizi ad alto budget.
Almeno sino a quando l'apparizione situazionista di Andrea Mingardi non si mette a cantare traditionals dicembrini accompagnato da un'orchestrina jazz (e dunque non viene a mancare nemmeno l'orchestra dell'Overlook Hotel tanto cara a Stephen King): peccato che la bambina che si porta appresso per impressionare tutti con la sua voce bianca d'infante che intona Astro del Ciel sia unica, e non abbia una gemella identica: vieni a giocare con noi per sempre…

Era lecito aspettarsi di più dal ritorno in territorio natalizio di Fabio De Luigi il quale, come spesso abbiamo scritto, per anni è stato l'innovazione più interessante inserita nella struttura delle puntuali pellicole di Neri Parenti: un corpo malinconico, clownesco e buffo che si aggirava come granello di umanità tra le maglie del prodotto industriale (si vedano soprattutto Natale a New York e Natale in crociera, al riguardo) – qui, De Luigi sembra aver paura a spingere sul pedale della comicità di grana grossa che si vende a dicembre, ma in realtà è proprio così facendo che condanna il proprio film a una anonima copia sbiadita di un tardo Oldoini, paradossalmente scritto, girato e recitato meglio, ma senza alcun seppur rustico guizzo di disfacimento (cosa avrebbe combinato Boldi con la cocorita nei pantaloni?), di ridanciana decomposizione funebre (rimpianti ad esempio pure per il moscio frammento obitoriale con Ale e Franz). Rimandato anche il catfight Chiatti vs Capotondi, il film in sostanza si chiude dopo l'unica gag orgogliosamente cinepanettonesca, ovvero quella con De Luigi che orina al buio nella pentola “a forma di water” dove va marinando l'enorme tacchino ripieno della vigilia, che ci aveva fatto ben sperare, invano.

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Regia: Alessandro Genovesi
Interpreti: Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Antonio Catania, Andrea Mingardi, Diego Abatantuono, Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Dino Abbrescia, Alessandro Besentini, Francesco Villa
Origine: Italia 2012
Distribuzione: Warner Bros Italia
Durata: 93’

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    Un commento

    • De Luigi è simpatico e pure bravino, ma non si avvicina neanche lontanamente ad avere il carisma necessario per reggere sulle proprie spalle un intero film.