"Gambit", di Michael Hoffman

Gambit
Colin Firth qui è interessante perchè pare quasi mettere in discussione la sua recente filmografia con questo ruolo da imbranato doppiogiochista  che poco sembra a che vedere con la maniera "da Oscar" sfoggiata in A Single Man e Il discorso del re. Come se volesse consapevolmente (provare a) liberarsi di un vestito che cominciava a incartarlo

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Qui Colin Firth è interessante. Perchè pare quasi mettere in discussione la sua recente filmografia con questo ruolo da imbranato doppiogiochista con echi simil fantozziani e derive che poco sembrano a che vedere con la maniera "da Oscar" sfoggiata in A Single Man e Il discorso del re. In Gambit interpreta infatti un curatore di aste, Henry Dean, frustrato ma decisamente infallibile quando si tratta di autenticare (e falsificare) gli Impressionisti, che intende giocare un brutto scherzo al magnate Shabandar (Alan Rickman). L'oggetto del contendere è I covoni di sera, un'opera di Monet lungamente desiderata da quest'ultimo, e fedelmente riprodotta dal socio di Deane. Il vero asso nella manica per la riuscita del piano è la cavallerizza texana P.J. Puznowski (Cameron Diaz) che deve recitare il ruolo della vera proprietaria del dipinto. L'imbranato Dean rischia però di essere l'unico neo del piano da lui stesso ideato. Michael Hoffman senza mai spingere il pedale dell'autorialità realizza un umile remake del film omonimo del 1966 interpretato da Michael Caine e Shirley MacLane, recuperando una sceneggiatura scritta da Joel ed Ethan Coen.

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E' abbastanza chiaro che alla base della sceneggiatura dei Coen ci fosse l'idea di una corrosiva e delirante satira sul mondo dei miliardari e le loro ossessioni per l'arte, dove il confine tra vero e falso (senza arrivare a citare Orson Welles) sembra estremamente labile e anzi assai ingannatore. Solo a tratti è poi riconoscibile la fascinazione per il congegno e i colpi a sorpresa di un piano perfetto che in più di un occasione lascia spazio soprattutto alla immediatezza goliardica della commedia. In questo forse i Coen c'entrano poco. Il "loro" film sembra esaurirsi soprattutto nel rocambolesco finale che in un unica scena esplicativa all'aeroporto racconta il bluff di Dean lasciando le tracce di un "altro" film che a tutti gli effetti quasi non vediamo. Il vero centro di Gambit è quindi soprattutto il trattamento a cui il solito impagabile Alan Rickman sottopone l'apparentemente debole Firth, quasi una via crucis di umiliazioni che vede il punto massimo nella divertente sezione centrale della notte in albergo. Qui il nostro Firth preso per un asso del sesso si ritrova nientemeno che a camminare sui cornicioni del palazzo con le braghe calate. Come se volesse finalmente (provare a) liberarsi di un vestito che davvero stava cominciando a incastonarlo nella rigidità dell'arte seria. Per lui potrebbe essere l'assaggio di una svolta.

Titolo originale: Id.

Regia: Michael Hoffman
Interpreti: Colin Firth, Cameron Diaz, Alan Rickman, Cloris Leachman, Tom Courtenay, Stanley Tucci

Origine: USA, 2012

Distribuzione: Medusa

Durata: 90'
 

 

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