“Mea Maxima Culpa. Silenzio nella casa di dio”, di Alex Gibney


Al di là dell'innegabile urgenza e importanza della tematica scottante e del j'accuse portato avanti senza alcuna remora né esitazione nonostante l'argomento periglioso, Mea Maxima Culpa è forse innanzitutto una lezione altissima di costruzione della materia documentaristica, e di lavoro sul linguaggio dell'inchiesta a tesi che non perde neanche per un istante la sobrietà e l'essenzialità della propria struttura d'attacco: una battaglia d'immagine, un manuale di decostruzione iconografica di efficacia assoluta

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Il nuovo di Alex Gibney è il classico “film che dovrebbero vedere tutti”, e non vi è dubbio alcuno al riguardo. Ma al di là dell'innegabile urgenza e importanza della tematica scottante e del j'accuse portato avanti senza alcuna remora né esitazione nonostante l'argomento periglioso, Mea Maxima Culpa è forse innanzitutto una lezione altissima di costruzione della materia documentaristica, e di lavoro sul linguaggio dell'inchiesta a tesi che non perde neanche per un istante la sobrietà e l'essenzialità della propria struttura d'attacco (chiaramente, dovrebbe “essere visto da tutti” anche solo per queste virtù, insieme a quelle dell'invettiva convinta e solidamente sostenuta).
Come per i suoi precedenti irrinunciabili lavori, Gibney lavora sul reale come se stesse agendo su tensioni finzionali, e monta la prima parte, quella che racconta dei terribili abusi sessuali subiti dai minori dell'Istituto per Sordi di Milwaukee per mano del loro tutore, Padre Murphy, alla stregua di un film dell'orrore in cui sale la suspense con lo spegnersi delle luci in camerata, e la minacciosa silhouette del prete che si aggira sibilante tra i letti a castello. Ma Gibney è cineasta magistrale, e in realtà il suo vero affondo lo vuole portare ben più in alto, e di tassello in tassello di questa potentissima e straziante opera alza il tiro sino a esplicitare la questione: Mea Maxima Culpa, già dal titolo sottilmente esplicito, è un invito a riconsiderare quantomeno l'immunità e l'intoccabilità degli uomini che scelgono la via del sacerdozio – e tutte le conseguenti gerarchie, dal parroco al vescovo al cardinale al Papa. Gibney focalizza il perno del suo pamphlet sull'aura di superiorità divina che dona una sostanziale impunità alle cariche ecclesiastiche, prima di tutto nella morale popolare, e a seguire negli ambienti giudiziari e legali: quello che il cineasta afferma è che questo piedistallo deve essere fatto cadere, e che questi criminali debbano essere giudicati, e condannati, come “uomini nell'esercizio del proprio lavoro”.

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E' ovviamente una battaglia d'immagine, e Gibney lo sa bene: il suo ultimo documentario diventa così un manuale di decostruzione iconografica di efficacia assoluta (avendo d'altronde a che fare con la più strutturata “macchina di immagini” della Storia dell'Uomo, la Chiesa), che ad esempio coglie quegli sguardi nell'obiettivo di soppiatto di Papa Ratzinger non appena lo incrocia una telecamera in diverse occasioni pubbliche, e colleziona un archivio (la parola chiave del cinema di Gibney) di filmini amatoriali e familiari che nascondono un disagio abissale che solo ora riesce a venire a galla (soprattutto l'ultimo saluto ai bambini, pieno di baci e carezze, di Padre Murphy che lascia l'Istituto di Milwaukee, e il fenomenale video della resa dei conti dei quattro eroici protagonisti finalmente al cospetto dell'anziano prete, quasi una versione reale e mostruosamente più (dis)umana della sequenza finale di This must be the place).
E' inoltre una battaglia di linguaggio, e queste interviste (inedite crediamo nella storia del documentario) nella lingua dei segni “doppiate” da attori come Ethan Hawke e Chris Cooper dicono probabilmente tutto quello che c'è da annotare sulla statura di questo documentarista per il quale ogni ricerca d'indagine è prima di tutto una ricerca della chiave espressiva giusta per queste dolorose verità.

Titolo originale: Mea Maxima Culpa. Silence in the house of God
Regia: Alex Gibney
Distribuzione: Feltrinelli Real Cinema
Durata: 106'
Origine:
 USA, 2012

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