"La città ideale", di Luigi Lo Cascio

Bizzarro esordio alla regia quello di Luigi Lo Cascio. Un film che oscilla nel precario equilibrio tra la zavorra di altisonanti ambizioni (atmosfere polanskiane non sempre calibrate) e una sana voglia di delegare all’immagine ogni istanza narrativa. Nell’incubo del protagonista si nasconde l’incubo dell’essere italiano oggi: perso tra insicurezze e meandri burocratici, roso dal dubbio su se stesso e sulla propria condizione di “innocenza”…

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la città idealeBizzarro esordio alla regia quello di Luigi Lo Cascio. Si sa, nel mondo del cinema il debutto dietro la macchina da presa per un attore importante è un passo ormai codificato, tradizionale, quasi atteso. Ma Lo Cascio spiazza un po’ tutti girando il film che proprio non t’aspetteresti dall’attore alter ego di Marco Tullio Giordana e Giuseppe Piccioni. Un film anomalo e alieno nell’attuale panorama cinematografico italiano.

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Michele Grassadonia (interpretato dallo stesso Lo Cascio) è un fervente attivista ecologista ai limiti dell’ossessione per i minimi consumi d’energia (si lava con acqua piovana, non accende mai la luce in casa, raccoglie ogni rifiuto che trova per strada); è un siciliano ormai da tempo trasferitosi nella “città ideale” Siena dove lavora come architetto; vive da solo in una piccola casa e ha pochi e selezionati contatti umani. Un giorno però il suo mondo perfetto viene contaminato da un misterioso incidente stradale che si suppone sia stato lui a provocare: si apre il processo giudiziario, si schiudono abissi kafkiani, si mescolano dimensioni oniriche. Ecco, partiamo da qui: questo è un film molto (troppo?) ambizioso, dove il racconto ostinatamente in “soggettiva” del problematico protagonista tenta di far scivolare anche lo spettatore nei suoi meandri di ossessione unita al forte dubbio esistenziale (sulla sua esistenza e sul fatto contingente). Atmosfere polanskiane pertanto, che a tratti ricordano Una Pura Formalità di Tornatore: sogni che si mescolano a un reale sempre più impenetrabile, memoria fortemente contaminata che non riesce più a “testimoniare”, l’altro da noi trasformato in inquietante minaccia o grottesca macchietta. E la regia sottolinea il tutto con buona dose di stilizzazioni improvvise (uso straniante del sonoro, animazione, primi piani insistiti) che soprattutto nella seconda parte fanno scivolare il film in una (ri)cercata dimensione parallela.

Ed è appunto in questo precario equilibrio che si instaura tra la zavorra di altisonanti ambizioni – non sempre calibrate – e la sana voglia di delegare all’immagine ogni istanza narrativa che La città ideale oscilla. Nell’incubo di Michele si nasconde l’incubo dell’essere italiano oggi: perso tra insicurezze e meandri burocratici, roso dal dubbio su se stesso e sulla propria condizione di “innocenza”, confinato in cantina e salvato da una madre protettiva e pronta al compromesso. L’ossessione di Michele è quella della perfezione, Siena la casa ideale, l’incidente stradale e la morte misteriosa di una persona il Reale che incombe. Un film, insomma, che pur peccando evidentemente di una metaforizzazione troppo spinta (tra dialoghi letterali e nessi a volte macchinosi) sa sorprendere lo spettatore proprio nel suo essere smaccatamente straniante. Nel suo inseguire presuntuosamente la vita…

 

Regia: Luigi Lo Cascio
Interpreti: Luigi Lo Cascio, Roberto Herlitzka, Luigi Maria Burruano, Catrinel Marlon, Barbara Enrichi, Alfonso Santagata
Origine: Italia, 2012
Distribuzione: Istituto Luce – Cinecittà
Durata: 105'
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