"La variabile umana", di Bruno Oliviero
Le tensioni sotterranee del nostro Paese vengono raccontate attraverso la metafora del genere, del giallo. Ma se le intenzioni del regista sono condivisibili, il risultato non è all'altezza delle aspettative per un film che vorrebbe raccontare il dubbio ma finisce per rifugiarsi dietro la comoda sicurezza del cliché
Le tensioni sotterranee del nostro Paese in La variabile umana vengono raccontate attraverso la metafora del genere, del giallo.
Un mistery che in letteratura già almeno da mezzo secolo – da Gadda e Dürrenmatt – si rifiuta di essere solo un rompicapo da risolvere per diventare lente deformante, racconto del caos e delle contraddizioni sociali, come tutta la poetica di Claude Chabrol.
Questo preambolo, per dire che le intenzioni del film di Bruno Oliviero sono nobili e condivisibili, ma i risultati di una simile operazione sono raramente all'altezza delle aspettative.
E se alcune volte l'affresco riesce, come le province segrete di La giusta distanza di Carlo Mazzacurati o Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini, che rendono bene la violenza sotterranea di certi universi pressurizzati, pronti ad esplodere, altre volte cede sotto il peso delle proprie ambizioni apodittiche.
La variabile umana vorrebbe raccontare il dubbio, ma mette in campo solo certezze. Quelle che si celano dietro gli stereotipi della grande città tentacolare, delle persone rispettabili e sotto sotto perverse e corrotte, delle solide e tenaci mogli borghesi, delle ragazzine viziate e viziose. Dei poliziotti immalinconiti e solitari, come il protagonista Monaco, un Silvio Orlando di mestiere ma che non ha modo di spaziare in un ritratto così piegato dai cliché.
Il ritratto della metropoli milanese sembra rimasto invariato dalle intuizioni di Scerbanenco sulla sua progressiva trasformazione da cittadina di provincia in capitale del potere economico dalle crescenti criminalità e alienazione sociale.
La variabile umana è quella di cui Oliviero non sembra riuscire a tenere conto fino in fondo: il suo sguardo sembra ancora troppo attaccato al documentario per apparire a suo agio in un racconto di finzione senza cercare rifugio nella garanzia delle convenzioni (non estranee però anche a un autore consumato come Tornatore nel premiatissimo La migliore offerta...).
Regia: Bruno Oliviero
Interpreti: Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Sandra Ceccarelli, Alice Raffaelli, Francesco Palamini
Origine: Italia, 2013
Distribuzione: BIM
Durata: 83'