Il sud è niente, di Fabio Mollo

Il sud è niente

Dopo il corto Giganti, vincitore a Torino, il regista realizza il suo primo lungometraggio. Il sud è niente ha ancora il sapore forte dell’esordio che dimostra la capacità di trasferire nel testo alcune originali insidie visive. L’androgina presenza della sua protagonista lavora dentro l’anima di un sud spaventato da una diversità così esibita rivendicando, nel contempo, un innato desiderio di ribellione

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Il film di Fabio Mollo è il suo esordio nel lungometraggio, dopo la stagione della gavetta maturata attorno alla scrittura e alla realizzazione di Giganti che, in qualche modo, costituisce la prova generale di questo debutto, per atmosfera, ambientazione e personaggi. Un cortometraggio che ha vinto l’edizione 2007 del festival di Torino nella sua sezione.

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L’elaborazione narrativa nasce dall’oscura scomparsa di Pietro, fratello di Grazia e figlio di Cristiano. Sono adombrate questioni mafiose, ma non si conoscono le vere ragioni, tutto questo pesa sulla vita di Grazia che accusa il padre di essere debole e pauroso. Soprattutto quando questi cede la propria piccola attività dopo essere stato “invitato” ad andare via dalla città del sud in cui vive. Le angosce che affliggono Grazia sembrano diradarsi quando il riacquisito coraggio del padre la libera dalle paure.


Il sud è niente ha ancora il sapore forte dell’esordio, porta con sé la naturale baldanza del giovane autore che ha la necessità e l’urgenza di dire tutto perché non sa se avrà una seconda occasione.
È proprio nell’avverarsi di questa condizione che si delineano i pregi e i difetti del film, dove i pregi restano ancorati ad un generale uso della macchina da presa e ad una capacità di trasferire, sottilmente, nel testo alcune insidie visive che funzionano in via autonoma rispetto al resto del film, mentre i difetti sono tutti interni all’opera oggi consegnata al pubblico e pertanto ampiamente migliorabili.

Non è una banalità, ad esempio, essere riusciti ad imporre un personaggio come Grazia, la bravissima, sensibile e quasi esordiente Miriam Karlkvist. La sua androgina presenza sullo schermo costituisce un preciso intento, è un segno non solo visivo, ma che lavora dentro l’anima di un sud spaventato da un diversità così esibita. Una diversità che si identifica e che lo stesso regista identifica, con un innato senso di ribellione, lo stesso che serpeggia nel film e che sicuramente ha costituito la molla principale per la sua realizzazione. D’altra parte tanto la storia e il film, complessivamente considerati, si comprende come siano dipendenti da questo personaggio così totalizzante. Grazia è la protagonista assoluta, e il suo regista ne rivendica la diversità. Toccherà proprio a lei traghettare il realismo accentuato del film dentro un mondo quasi misterioso e visionario, inscritto dentro una memoria che neppure le appartiene.


Sembra però che la troppa voglia di raccontare, di dire, abbia paralizzato alcuni momenti della messa in scena che siIl sud è niente adagiano sulla sicurezza di scene madri che spingono il film su terreni consueti, su deja vu consolidati, inadatti ad un risultato che ha sicuramente il pregio di una diversità riaffermata, di una volontà di esibirla. Il talento grezzo di Fabio Mollo non riesce ad evitare il tema della criminalità organizzata, sia pure affrontandolo con una certa originalità, ma aspettiamo Mollo e le sue evoluzioni, pagato il debito con una città difficile e affrancato dall’esigenza di mostrarne le ferite, alla prossima prova libero dai pesi della sua provenienza, ci piacerebbe vederlo con la stessa consistenza di Grazia, nelle scene finali, quando si mostra così com’è nella sua leggerezza e nella consapevolezza della propria affermazione.

 


Regia: Fabio Mollo

Interpreti: Vinicio Marchioni, Miriam Karlkvist, Valentina Lodovini, Andrea Bellisario, Alessandra Costanzo, Giorgio Musumeci.

Origine: Italia, 2013

Distribuzione: Cinecittà Luce

Durata: 90’

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