Saving Mr. Banks, di John Lee Hancock

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L'alternanza dei piani temporali, meccanicamente ripetuta dallo script e mal digerita da una regia senza estro, finisce per soffocare il film in un'insistenza didascalica, fin troppo lontana dalla profondità sentimentale pretesa. E relega in secondo piano, in un margine sfocato, quello che dovrebbe essere il vero motivo d'interesse, la grandezza demiurgica artistica ed economica di Walt Disney

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saving mr. banksÈ il 1961. Finalmente, dopo un inseguimento durato decenni, Walt Disney ha la concreta possibilità di acquistare i diritti di Mary Poppins, il fortunato racconto per l'infanzia nato dalla penna e dalle ferite del vissuto di Pamela Lyndon Travers, al secolo Helen Lyndon Goff. Per Walt non si tratta di un semplice affare commerciale. Ma di un'altra sfida artistica, che possa permettergli di realizzare un sogno coltivato a lungo e di mantenere una vecchia promessa fatta alle figlie. Ma le resistenze dell'arcigna scrittrice non sono facili da vincere. Chiusa nella sua ostinata solitudine e nella difesa dei suoi ricordi, la Travers non è intenzionata a cedere su alcun punto riguardo alla sceneggiatura e alla produzione del film. Soprattutto non è disposta a svendere la sua creatura, nonostante le difficoltà economiche. Perciò nessuna concessione al buonismo zuccheroso, che, a suo parere, è il marchio di fabbrica Disney. Niente cartoni animati, niente musical, niente baffi per Mr. Banks, niente Dick Van Dyke… La strada dei sogni è irta di ostacoli.

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Ecco, aldilà della verità storica, Saving Mr. Banks è interamente giocato su due ordini di conflitti: le necessità più autentiche dell'ispirazione contro le esigenze concrete di un'industria spettacolare che si regge sulle leggi dell'economia, e le resistenze psicologiche, culturali e artistiche di una donna contro il fascino affabulatorio di un uomo che ha creato un impero di sogni. Ed è chiaro che per raccontare al meglio questa doppia lotta, il film scelga la strada più logica: appoggiarsi sul vissuto e sul punto di vista della Travers, questa scrittrice misteriosa e ostile, a tal punto spaventata dalla durezza del mondo, da cancellare le tracce delle proprie origini (australiane) e da rinchiudere se stessa e le proprie creazioni in una gabbia di cristallo impossibile da scalfire. E così è più che naturale che gran parte delle trovate comiche e delle traiettorie drammaturgiche nascano dall'attrito tra la misantropia british della Travers, perfettamente incarnata dal cipiglio austero di Emma Thompson, e l'entusiasmo tipicamente americano di Disney e della sua squadra: i fratelli Sherman (tra cui Schwartzmann, perfetto esemplare mutante disneyano-coppoliano-andersoniano), lo sceneggiatore Don DaGrady, fino all'autista Ralph (impagabile Paul Giamatti), l'unico che riesce a far breccia nella coriacea scrittrice, a spasso con Pam. Come altrettanto naturale è lavorare sulla doppia linea passato/presente, per andare alla ricerca della ferita profonda che tormenta Pamela.

 

saving mr. banksMa tutta questa naturalezza non può che assomigliare a una scelta di comodo, "la strada più facile", che finisce per tradursi nel suo opposto, un eccesso di scrittura e costruzione. Così l'alternanza dei piani temporali, meccanicamente ripetuta dallo script di Kelly Marcel e Sue Smith e mal digerita dalla regia senza estro di Hancock, finisce per soffocare il film in un'insistenza didascalica, fin troppo lontana dalla profondità sentimentale pretesa. E relega in secondo piano, in un margine sfocato, quello che dovrebbe essere il vero motivo d'interesse, la grandezza demiurgica artistica ed economica di Walt Disney, per la prima volta sullo schermo come "personaggio" (peraltro magnificamente interpretato da Tom Hanks, uno degli ultimi avventurieri di questa Hollywood). È lui a regalarci i momenti più belli del film. Ma rimane una funzione, una specie di mentore chiamato a svelare il segreto nascosto, quello che sappiamo già, sin dal titolo, quello che ci viene ripetuto fino allo sfinimento a ogni flashback (nonostante l'indubbio fascino da disadattato del cinema di Colin Farrell): l'unico a dover esser davvero salvato è Mr. Banks, il padre che ha rinunciato ai suoi sogni. Forse la Disney avrà avuto paura di incorrere nell'agiografia. Magari Hancock, più a suo agio nella scrittura (Un mondo perfetto, Mezzanotte nel giardino del bene e del male), avrebbe saputo trovare ben altri problemi irrisolti, altri dolori, altra magia. Ma tant'è. Bisogna accontentarsi. Cosa avrebbe detto Walt? Si sarebbe accontentato? O le avrebbe provate tutte pur di "cambiare il mondo", la storia già scritta? Magari sarebbe entrato nella schiuma dei giorni di Gondry, per provare a salvare davvero, di nuovo, tutti i signor Banks del mondo.

 

Titolo originale: Id.

Regia: John Lee Hancock

Interpreti: Emma Thompson, Tom Hanks, Paul Giamatti, Jason Schwartzman, Colin Farrell, Bradley Whitford, Ruth Wilson, B.J. Novak

Origine: USA, 2013

Distribuzione: Walt Disney 

Durata: 125'

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    3 commenti

    • bravo Spiniello recensione impeccabile!

    • bravo Spiniello recensione impeccabile!

    • Tutto ok, ma non condivido l'accenno finale a Gondry. Tutto il lavoro di Disney sta proprio nel rifiuto radicale dei giochini sterili alla Gondry, rivolti solo alla complicità dello spettatore pseudoacculturato.