The LEGO movie, di Phil Lord e Chris Miller
Lord & Miller portano avanti il loro deciso attacco contro ogni manuale delle istruzioni al ritmo di una enorme quantità di trovate fenomenali per sequenza, ma paradossalmente non tutte di provenienza inedita. Di fatto, anche questo aspetto finisce per far parte della pratica dell'accumulo libero e selvaggio, del letterale elogio del disordine, di cui il film si fa esplicito e irresistibile manifesto
Con il suo racconto di universi paralleli attraversabili e mescolabili tra di loro, tanti quanti lo sono gli scenari immaginati dalle scatole di costruzioni Lego, e con la sua poetica della reinvenzione e del recupero dei singoli pezzi-unità assimilabili all'infinito, che di fatto esplicita la natura di pixel accostabili della computer grafica, il film di Lord & Miller si pone da subito al centro del discorso teorico sulla ricostruzione/demolizione digitale del cinema (d'animazione e non) contemporaneo. La vertigine è allora che il film si spinga oltre a quanto mai tentato dalla Pixar con i suoi lucidissimi Toy Story, tra i capolavori del cinema dello scorso ventennio, allo stesso tempo recuperando un espediente caro alle produzioni Disney dell'epoca classica: l'inserto in carne ed ossa, in cui Emmet il pupazzo operaio delle costruzioni protagonista del film si trova a interagire in qualche modo con Will Ferrell e suo figlio, attori “non digitalizzati”. La fuoriuscita dalla dimensione animata abbatte così anche quell'ultimo confine che nei capisaldi Pixar era indicato nella rappresentazione computerizzata dell'elemento umano, e per farlo si affida a un ritorno a trovate degne di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi o FBI Operazione Gatto, per dire.
Chiaramente, si tratta della stessa concezione, cara anche al ben più appassionato Ralph Spaccatutto, per cui tra le stringhe dei pianeti Lego, come tra quelle dei videogame di Ralph, abitano rimandi e personaggi provenienti dalle dimensioni più disparate dell'immaginario popolare in versione quadrettata: Batman e i supereroi DC, Star Wars, le star NBA…Con le armi dell'immaginazione e delle costruzioni digitali, i bambini di oggi potranno inventare storie in cui astronavi anni '80 solcano il vecchio West pilotate da corsari robot: l'utopia è perfetta, fin quando resta all'interno di un orizzonte dichiaratamente, anzi proprio concettualmente, industriale.
Giocando con le caratteristiche riconoscibili delle celebri costruzioni, a cui sono legati tutti gli appassionati di Lego, come le espressioni modificabili girando la faccia a 180° dei pupazzi, le loro gambe pieghevoli, e le assurde invenzioni che ognuno di noi ha tirato fuori combinando gli iconici pezzi dei giocattoli (il divano a castello…), Lord & Miller portano così avanti il loro deciso attacco contro ogni manuale delle istruzioni, di fatto con lo stesso piglio baldanzosamente oltraggioso del precedente 21 Jump Street (Jonah Hill e Channing Tatum fanno capolino anche qui tra i doppiatori dei personaggi animati). Questa lode all'ingegno individuale e originale dell'istinto, della mente e del cuore avanza al ritmo di una enorme quantità di trovate fenomenali per sequenza (la ricchezza dei quadri riporta al colpevolmente dimenticato Giù per il tubo), ma paradossalmente non tutte di provenienza inedita – di fatto, anche questo aspetto finisce per far parte della pratica dell'accumulo libero e selvaggio, del letterale elogio del disordine, di cui il film si fa esplicito e irresistibile manifesto.
Titolo originale: id.
Regia: Chris Miller, Phil Lord
Interpreti: Pino Insegno, Claudio Santamaria
Origine: USA, Australia 2014
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 100'