Quel che sapeva Maisie, di Scott McGehee e David Siegel

Poteva sembrare un'uscita sull'onda del Premio come Miglior Attrice a Julianne Moore ed è invece una delle sorprese della stagione estiva. Adattando i riti sociali di Henry James alla New York di oggi, i due registi  realizzano un bellisimo ritratto d'infanzia, in cui la macchina da presa sembra non oltrepassare mai la linea immaginaria del punto di vista della piccola Onata Aprile

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quel che sapeva maisiePoteva sembrare un recupero in extremis, sull'onda della Palma come Miglior Attrice a Julianne Moore, e invece diventa il piacevole colpo di coda di una stagione ormai agli sgoccioli. 

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Quel che sapeva Maisie, gioiellino indie presentato a Toronto nel 2012 è, anzi, una delle sorprese delle uscite estive, per altro in perfetta continuità con i piccoli protagonisti incompresi di Asia Argento, che firma un'opera più bohemienne ma del tutto affine al film di Scott McGehee e David Siegel nella volontà di essere completamente a misura di bambino.

 

Così, la macchina da presa degli autori di Uncertainly sembra non oltrepassare mai la linea immaginaria del punto di vista di questa bambina di sei anni, immersa in uno skyline newyorkese che non è poi così spaventoso se il cielo è solcato da un aquilone rosso o i parapetti trasparenti dei ponti pedonali possono diventare un fortino per giocare. Molto più spaventosi sono, semmai, i vasti e vuoti appartamenti di Manhattan, abitati da genitori assenti, con continue grida provenienti dalle stanze accanto.

I due registi tornano a raccontare la Grande Mela, già esplorata, appunto, nel thriller con Joseph Gordon Levitt, lavorando meticolosamente sugli spazi e la loro relazione con la piccola protagonista, rispettando pienamente, in tal senso, l'analisi sociale del testo di partenza, il romanzo di Henry James, scrupoloso narratore dei rigidi rituali sociali della borghesia americana di fine Ottocento.
 

Un ceto che trova perfetta corrispondenza, oggi, nel milieu di uno star system costretto, da un lato, a fare i conti con il proprio complesso di Peter Pan, e dall'altro a misurarsi con l'esperienza nuova della crisi, il cui eco arriva anche nel cuore di Manhattan, frammentando ulteriormente legami precari ed egoismi.

Julianne Moore, musicista rock e madre inadeguata, ricorda a tratti l'intensa Maggie Cheung di Clean, film per certi versi analogo e dal punto di vista rovesciato, tutto interno a una maternità sofferta, qui filtrata attraverso lo sguardo, sempre pronto a stupirsi, della piccola Maisie, che ha le fattezze e la delicatezza di Onata Aprile, una bambina-bambina, e non un'adulta in miniatura come quelle proposte da certi canoni della Hollywood di fine anni '90 (come la Dakota Fanning di Mi chiamo Sam…).

La distanza tra i due film sta proprio tra la cupezza del punto di vista della protagonista di Assayas, e i toni pastello, la luce diffusa che sembrano accompagnare Maisie nei suoi viaggi fra gli Hamptons e il Central Park, accompagnata da figure genitoriali putative, la 'fata' Margo (Joanna Vanderham) e il 'gigante buono' Alexander Skarsgård, che danno vita a un prezioso ritratto d'infanzia, mai lezioso ma capace di respirare la stessa intensa gamma d'emozioni di chi scopre il mondo, anche nelle suoi lati peggiori, per la prima volta.

 

 

Titolo originale: What Maisie Knew
Regia: Scott McGehee, David Siegel 
Interpreti: Julienne Moore, Alexander Skarsgård, Onata Aprile, Joanna Vanderham, Steve Coogan

Origine: USA 2013
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 99'

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