La ricostruzione, di Juan Taratuto


Juan Taratuto apre il suo cinema ad infinite interpretazioni. Luogo che si espande anche seguendo la struttura iperclassica a tre atti, che non scade nella banalità. La tridimensionalità dei corpi e la fluidità degli sguardi contraltare della tensione drammatica interiore. L'inselvatichito Eduardo giunge ad Ushuaia, in una casa ai confini del mondo. Le nuove situazioni che qui si presentano destabilizzano la sua programmatica routine

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Una mano, avvertenza di un corpo fuori campo, entra in scena. Percorre le asperità annodate lungo una schiena maschile, bagnata dall'acqua, al centro dell'inquadratura. Forte ed imponente, segnata da fatica, sottolinea un piano americano. L'invasione di campo liquefa la tensione. La solitudine corporea, avvolta quando il corpo esterno entra nel fuoco. Due fisicità ora al centro strette in un abbraccio. La tenda plastificata della doccia, pellicola-condom tra i due.
Quest'immagine da La ricostruzione di Juan Taratuto apre il suo cinema ad infinite interpretazioni. Luogo che si espande. Parallelo a quello dell'argentino Carlos Sorín. Se Sorín in Historias mínimas aveva focalizzato il discorso della ricerca nell'interazione uomo/natura costruendo un incantevole road movie, Taratuto la catalizza nel microcosmo 'familiare'. I primi piani strettissimi sui profondi solchi rugosi dei protagonisti di Sorín contraltare dei nodosi paesaggi del sud; la tridimensionalità dei corpi e fluidità degli sguardi contraltare della tensione drammatica interiore in Taratuto.

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Libero però da riferimenti. Unico elemento cardine Diego Peretti, attore feticcio. Disinvolto giocoliere rimbalza, nei film di Taratuto, da ruoli ad alto tasso di comicità a questo sobrio e drammatico. Psichiatra di professione, ha rielaborato la sceneggiatura, confezionando un soggetto intimista chiuso in una struttura iperclassica a tre atti, che non scade nella banalità. Primi e primissimi piani incontrano il 'naso lungo' di Eduardo (Peretti). Pupille chiuse si dilatano gradulamente, quando arriva inaspettata la 'chiamata' che conduce l'inselvatichito Eduardo ad Ushaia, nella casa ai confini del mondo, del suo amico, Mario (Alfredo Casero). Destabilizzata la sua programmatica routine, l'incompatibilità di Eduardo col mondo si attenua attraverso la relazione' forzosa' con i familiari – smembrati dal dolore – di Mario, amico ritrovato e poi scomparso. Eduardo è un Vincent di Welcome argentino. Centro assoluto delle vicende narrate. Prorompente fisicità. Percorre il dolore misto a redenzione e liberazione. Due figure allo specchio in un livello unico di cinema, essenziale. 
Restare sembra essere qui sempre un tempo limitato, ingabbiato nel frame di un abbraccio, che poi finisce e si trasforma in altro. Toccarsi è sfiorarsi mai troppo a lungo, mai troppo a fondo. Restare è per un po', il tempo necessario per Ricostruire dentro e fuori. Restare nel cinema di Taratuto è dare e concedere quel tanto che basta per poi ripartire, in silenzio, chissà per dove?

Titolo originale: La reconstrucción
Regia: Juan Taratuto
Interpreti: Diego Peretti, Claudia Fontan, Alfredo Casero, Maria Casali, Eugenia Aguilar
Origine: Argentina, 2013
Distribuzione: Academy2
Durata: 93'

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