22 Jump Street, di Phil Lord e Chris Miller

22 jump street

Poteva non esserci un sequel per la strepitosa nuova coppia di sbirri Hill e Tatum? Ed è Peter Stormare, allora, a mettere in chiaro la situazione: “ho nostalgia degli anni '90, quando c’erano i veri professionisti”, illuminando un cinema di fieri non professionisti, di idioti alla conquista di Hollywood, che stanno imponendo le loro regole dinamitarde a molti generi codificati

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Che 21 Jump Street fosse destinato a diventare il primo film di una lunga serie è stato il pubblico in sala a decretarlo: più di duecento milioni di dollari di incasso nel 2012. Non poteva non esserci un sequel, pertanto, per la nuova strepitosa coppia di sbirri dilettanti Jonah Hill e Channing Tatum, sempre più distruttivi ed esilaranti nella loro alterità fisica e caratteriale. L’uno alfiere nerd che ribalta costantemente gli stereotipi, l’altro corpo di gomma e costante effetto collaterale del cinema anni ’00. Non c’è tempo da perdere pertanto, le basi sono state poste nel primo episodio, qui si parte in quarta con la fulminea rivisitazione del buddy movie: si inizia con aperti rimandi a Bad Boys di Michael Bay, che a sua volta rivisitava i confini del genere a metà anni ‘90. Ed è proprio uno come Peter Stormare (volto abituale di Bay e qui “cattivo di turno” chiamato Ghost…) che mette subito in chiaro la situazione: “ho nostalgia degli anni '90, quando c’erano i veri professionisti”. Folgorante detour verbale che svela dalla prima sequenza questo cinema di fieri non professionisti, di idioti alla conquista di Hollywood, che stanno imponendo nuove regole dinamitarde a molti generi codificati. Si replica l’immaginario dei Willis/Gibson/Stallone/Murphy ma se ne ridisegnano totalmente i confini, all’insegna di una totale inettitudine infantile e distruttiva.

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E allora: se il primo episodio introduceva i characters e creava un prototipo, qui Hill e Tatum avvertono subito il loro capo che “quelle cose le abbiamo già fatte, non ci vogliamo ripetere, dateci altre cose!”. Ma il successo si replica, siamo a Hollywood, e allora dal liceo del 21 la missione "salta" direttamente al college nel 22, ripetendone tappa tappa le evoluzioni e moltiplicandone le esilaranti gag. Ma se al liceo anni ‘00 erano i nerd a comandare, al college ritornano i palestrati a spassarsela e Channing Tatum mette in crisi Jonah Hill che continua a innamorarsi delle tipe sbagliate (la figlia del capo!), scatenando Ice Cube che dimostra una carica comica devastante nella sua furia distruttiva e scurrile. E ancora: se era la festa liceale, il project x, l’orizzonte del primo film, qui ovviamente ci si allarga di scala e si sperimenta lo spring breakers in spiaggia. Rimangono però le costanti dei padri putativi Apatow e Rogen: l’amicizia virile regredita a gelosia infantile con miriadi di sottotesti spiattellati e messi in potenza (Suxbad rimane il testo di riferimento), unita all’esplosione kitch dei paradossi per immagini (Facciamola Finita come tipico esempio). Ecco: Phil Lord e Chris Miller dimostrano una consapevolezza teorica quasi chirurgica. Il genere del nuovo millennio tende costitutivamente all’ossessiva serialità (i titoli di coda, vertigine assoluta, configurano l'esilarante concetto di intercambialità e replicabilità dei corpi) e all’immaginario dei videogames (tirati pesantemente in ballo), ma di quel cinema anni '80/'90 così amato (quello dei professionisti rimpianto da Stormare) rimane comunque tutta la fragilità umana di due solitudini che si incontrano e di due diversità che si colmano nella nostra identificazione partecipe. Insomma: si ri-crea un immaginario a partire da un altro e ci si diverte un sacco nel frattempo. Come Hollywood, da più di un secolo, ci ha insegnato a fare.


Titolo originale: id.
Regia: Phil Lord e Chris Miller
Interpreti: Jonah Hill, Channing Tatum, Ice Cube, Amber Stevens, Dave Franco, Peter Stormare
Origine: Usa 2014
Distribuzione: Sony
Durata: 112
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