Maze Runner – Il labirinto, di Wes Ball

Dopo Hunger Games un altro esempio di cineromanzo per giovani condannato al “gioco”. Tutto poco stimolante: di questi ragazzini senza memoria abbandonati a una partita più grande di loro ci interessa poco probabilmente proprio per la loro programmatica impotenza. Sono pedine mosse dall’esterno la cui anima sembra arrendersi alla confezione del film

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C’è stato un tempo in cui il gioco del cinema cominciò a teorizzare sul suo essere “gioco” attraverso il gioco. È un gioco di parole che si può applicare a tantissimi film del secolo scorso e che non è affatto difficile riscontrare anche in opere medio-alte relativamente recenti come The Game (appunto) o Lady in the Water. Film di genere che a loro volta erano anche film d’autore e che usavano i personaggi come players e l’immagine set come scacchiera in cui far convergere esistenzialismo e divertissment.

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Poi c’è stato un altro “tempo” del cinema contemporaneo. Qui il protagonista non è stato tanto il gioco quanto più precisamente il videogame, con la sua estetica, i canoni visivi che diventavano codici per aprire nuovi mondi. Cominciarono allora a essere della partita (e ne fanno ancora parte) capolavori ipertecnologici come quelli creati dai fratelli Wachowski e Zack Snyder.

Con Hunger Games si è inaugurata forse una terza via: il cineromanzo per giovani. È la strada più letterale e letteraria e Maze Runner – Il labirinto ne fa ovviamente parte. Il punto di partenza anche in questo caso è una trilogia scritta dalla penna di James Dashner che in America ha venduto milioni di copie e probabilmente consentito a questo primo capitolo diretto da Wes Ball di arrivare in cima al box office. Abbiamo un gruppo di giovani che è bloccato dentro una radura, circondato da una muraglia il cui scopo è ignoto. Sono in trappola, hanno trovato un modo per sopravvivere ma non per trovare una via di uscita dentro l’enorme labirinto che li circonda. Un giorno però arriva Thomas che sembra avere avere strani flashback e intuizioni su possibili vie di uscita. C’è un unico elemento interessante e sociologico e riguarda il cinismo con cui viene raccontata quasi lucidamente l’impasse generazionale di una classe giovane manipolata dall’alto e condizionata in ogni suo atto da un disegno più grande. Tutto molto “politico” e contemporaneo, che forse in mano a un altro regista avrebbe permesso un percorso stimolante.

Bypassando questi elementi l’operazione è piuttosto prevedibile e molto (davvero troppo) ancorata a una sovrastruttura. L’esperimento a cui vengono sottoposti i protagonisti non crea la suspense necessaria, di questi ragazzini senza memoria abbandonati a un gioco più grande di loro ci interessa poco probabilmente proprio per la loro programmatica impotenza. Sono pedine mosse dall’esterno la cui anima sembra arrendersi alla confezione del film. Non si va oltre la superficie che a nostra volta non facciamo fatica a riconoscere come didascalicamente innocua. Thomas vorrebbe essere un ribelle che mina le leggi della comunità per conquistare un nuovo livello di libertà e consapevolezza, ma questi attributi hanno le sembianze di una algoritmo senza poesia e di genuinamente anticonformista in Maze Runner non c’è proprio niente.

Titolo originale: The Maze Runner

Regia: Wes Ball

Interpreti: Thomas Sangster, Kaya Scodelario, Dylan O'Brien, Will Poulter, Patricia Clarkson, Chris Sheffield,Ki Hong Lee, Aml Ameen, Jacob Latimore

Origine: Usa, 2014

Distribuzione: 20th Century Fox

Durata: 113'

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