Adieu au langage, di Jean-Luc Godard

adieu au langage

Adieu au langage. Che dire allora? Solo pochi pensieri sparsi, confusi, fatalmente incompleti, dopo la visione di un film (adieu film…?) di una complessità insormontabile, enorme, eppure di una semplicità estrema. Silenzio, schermo nero, un lui e una lei: uno-due e 3D. JLG è ancora colui che distrugge per creare, che riflette la Storia nel Cinema per consegnarci uno specchio in frantumi dal quale ricostruire il nostro sguardo e tentare ancora un pensiero…

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Adieu au langage, di Jean Luc Godard«In fondo, il cinema è una lezione di speranza. Per la stessa filosofia. Il cinema ci dice che nulla è perso per sempre. Appunto perché esso si prende cura del reietto: della violenza, del tradimento, dell’oscenità. Si occupa di questi, ma ci dice: “non perché tutto ciò esiste, il pensiero è perso”. Il pensiero può vincere in quello stesso elemento. Forse non avrà sempre la meglio, forse non vincerà dappertutto, ma ci saranno vittorie» – Alain Badiou

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Adieu au langage. Che dire allora? Solo pochi pensieri sparsi, confusi, fatalmente incompleti, subito dopo la visione di un film (adieu film…?) di una complessità insormontabile, enorme, eppure di una semplicità estrema. Silenzio, schermo nero, un lui e una lei: uno-due e 3D. Godard si/ci perde nuovamente nella sua foresta di significa(n)ti in fuga e prosegue (con etica incrollabile) il discorso tutto politico sull’immagine inaugurato dalle Histoire(s) e proseguito nell’ultimo decennio con Eloge de l’amour, Notre musique e Film Socialisme. JLG è ancora colui che distrugge solo per creare, che riflette la Storia nel Cinema per consegnarci uno specchio in frantumi dal quale ricostruire il nostro sguardo e tentare ancora un pensiero. “Non si può che guardare la pochezza del linguaggio” ci dice Godard, supplendo attraverso l'immagine alla ontologica impossibilità della parola di restituire la complessità dei fenomeni. Perchè è solo nel tra le immagini, nella loro fertile dialettica, che può nascere un pensiero e il cinema diventare un dispositivo pensante. Ancora oggi? Godard ci prova. Con quel 3D – canonicamente utilizzato per creare la terza dimensione e potenziare lo sguardo risucchiando lo spettatore e ridiscutendo lo schermo – che qui sembra invece incredibilmente ancorato alle due dimensioni, creando il più radicale confronto attivo tra immagini che Godard abbia mai tentato. Da un lato il linguaggio (il testo), dall’altro il corpo (il movimento), in una sequenza che tenta la spericolata coalescenza di due sguardi (incrociati e opposti) in uno, creando una frattura tangibile “fisicamente” nei nostri occhi aggrediti e interrogati dal 3D. Vertigine assoluta. Ancora cinema. Addio e rinascita.

Adiueu au langage, di Jean Luc GodardGodard riassume pressappoco così il suo film: ci sono un uomo e una donna, la loro relazione amorosa, i loro bisogni fisici e corporali, la decisione di intraprendere un’indagine letteraria, e alla fine c'è un cane che fugge via. E poi Badiou, Sartre, Blanchot, Monet, Duchamp, Solgenitsin, Lord Byron, e tanto altro, ovviamente, frammenti di un discorso politico si potrebbe quasi dire. Ecco, allora, è da qui che si dovrebbe ri-partire: perché se “è il faccia a faccia a creare il linguaggio”, allora quel cinema novecentesco che erompe da solitari schermi casalinghi proiettati su enormi e vuote sedie duchampiane, diventa la sopravvivenza di un tempo lontano che balena solo nell’attimo del pericolo. Il pericolo della fine appunto. Addio a quel cinema, mentre sopravvive: proprio come la nascita di Frankenstein citata nel finale. Godard, anche rispetto ai suoi ultimi film, sembra intenzionato a retrocedere ancora la sua riflessione, a portarla ai confini stessi del dispositivo che articola il pensiero: il linguaggio. Prima della Storia (gli incubi ciclici della guerra che tornano anche qui) e prima dell'elogio dell'amore (“siamo in due o siamo in quattro davanti a questo specchio?”), si deve allora assumere lo sguardo animale, quello di un cane, che guarda il mondo solo dal movimento e può tentare ancora keatonianamente (alla Sherlock Jr) di viaggiare tra le immagini imponendo un istintivo montaggio. Un pensiero. "Il cinema ci dice che nulla è perso per sempre"…e allora schermo nero, il  vagito di un neonato, AH DIEUX, LANGAGE!


Titolo originale: id.
Regia: Jean-Luc Godard
Interpreti: Héloise Godet, Jessica Erickson, Alexandre Païta, Kamel Abdeli, Richard Chevallier, Dimitri Basil, Zoé Bruneau
Distribuzione: BIM
Durata: 70'
Origine: Svizzera, 2014

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