SPECIALE GHOSTBUSTERS – Amici Miei

ghostbusters

Nonostante il carattere forte dei tre interpreti nei film si respira l’aria pura e nostalgica di un gruppo d’amici non ancora pronti a diventare adulti, sempre ostinatamente disposti a seguire i propri sogni, a giocare all’imprese eccezionali. Come gli Amici Miei di Monicelli, i nostri acchiappa-fantasmi sembrano sempre sul punto di partire per una nuova zingarata paranormale.

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Il mondo dei comedians, fatto da piccoli locali o teatri della stand up comedy o dalle fortunate trasmissioni televisive come il Saturday Night Live, sono sempre state fucine di ottimi talenti, i vivai ideali dove gli studios hollywoodiani potevano trovare giovani promesse per trasformarle in stelle sbanca-botteghini.

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Di nomi se ne potrebbero fare a decine, comici televisivi o no, diventati grazie al film giusto icone e brand di successo, ma probabilmente non esiste una pellicola migliore di Ghostbusters per sintetizzare questi riti di passaggio.

Tutto ebbe inizio con Dan Aykroyd alla ricerca di un’idea folle per un nuovo script. Rimasto affascinato da una serie di articoli sul paranormale e sull’esistenza di spettri, l’attore non ci penso due volte sopra. Raccontare le avventure epiche e tragicomiche di un gruppo di cacciatori di spettri un po’ eroi e un po’ cialtroni sarebbe stato il materiale perfetto per bissare il successo del suo primo script Blues Brothers e coinvolgere un po’ di “volti giusti” come il lanciato Eddie Murphy e soprattutto l’amico di sempre, la folle musa John Belushi. La scrittura parte bene, folle più che mai, con viaggi nel tempo e nella quinta dimensione e una previsione budget che lentamente diventa sempre più spettrale. Purtroppo come ogni storia di fantasmi che si rispetta, anche quella di Ghostbusters vede la sua genesi segnata da un lutto. Il 5 marzo del 1982 un cocktail monstre di droghe porta via John e getta nella depressione Dan.

Che fare? Continuare con questa sciocca idea di acchiappafantasmi o mettere tutto da parte? Procedere anche in ricordo dell’amico o lasciare stare? Devono essere state queste le domande che hanno tormentato le notti e i giorni di Aykroyd nel suo ritiro di Martha’s Vynard. Eppure l’intervento di Ivan Reitman e l’aiuto di Harold Ramis, altro vecchio compagno di palco di Dan e John e sceneggiatore di Animal House, portano la storia sui giusti binari, ridimensionando il primo script visionario e trasformandolo in una storia più comica, dove New York diventa una delle protagoniste.

La decisione più difficile è trovare il sostituto ideale di Belushi e, come succede alle volte nelle disgrazie, si ha il classico colpo di genio. Reitman e Ramis spingono per l’ingaggio di Bill Murray, uno che è abituato a portare sulle spalle il peso di grandi sostituzioni (molti si ricordano il pessimismo che lo circondò quando arrivò al Snl al posto dell’amato Chevy Chase).  La scelta si rivela geniale. Il trio Ramis-Aykroyd-Murray (con l’aggiunta del buon Ernie Hudson) sul set fa faville. Murray dimostra, forse per la prima volta, tutto il proprio talento istrionico tra improvvisazioni e lo sfoggio di un fascino ancora oggi intramontabile. Persino la bellissima e coriacea Sigourney Weaver, reduce dalla fresca costruzione di un sex-appeal nato tra Alien e il meraviglioso Un anno vissuto pericolosamente, non potrà che sciogliersi tra le sue mani, dimostrando un’inedita ironia. Nonostante il carattere forte dei tre interpreti nel film si respira l’aria pura e nostalgica di un gruppo d’amici non ancora pronti a diventare adulti, sempre ostinatamente disposti a seguire i propri sogni, a giocare all’imprese eccezionali.

Come gli Amici Miei di Monicelli, i nostri acchiappa-fantasmi sembrano sempre sul punto di partire per una nuova zingarata paranormale, di ridere sulle spalle del solito burocrate invidioso e miope, senza dimenticare mai la propria insana dedizione alla risata. Indimenticabile per loro, e per noi, anche per la presenza continua del disgustoso fantasma Slimer, un po’ Bluto un po’ Perotti, sempre pronto a indicarci la strada giusta, quella del cazzeggio sempre e comunque.

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