Guia (Liz Solari) è una donna in carriera nella Milano dell’alta moda. Giornalista affermata tra abiti firmati, macchine di lusso e locali a cinque stelle, la giovane donna dovrà precipitarsi in Puglia improvvisamente con un cugino disabile e un’enorme masseria sia sulle spalle. L’incontro con Renzo (Raoul Bova), un affascinante fattore vedovo la costringerà a mettere in discussione la propria concezione cittadina di Vita.

Lo spunto iniziale è ispirato da L'amour Vache un telefilm di successo considerato d'interesse commerciale dalla Pepito Produzioni della famiglia Saccà. Lo svolgimento originale invece deve tantissimo ai precedenti di Tamara Drewe di Stephen Frears o lo splendido Un’ottima annata di Ridley Scott, per poi risolversi in una pellicola fredda e accidentata.

Paolo Genovese, con le sue ultime pellicole, si era accreditato come autore capace di muoversi nella commedia sentimentale con gusto e intelligenza, affiancando a una cura estetica non scontata e a un lavoro di scrittura intraprendente, una rara intelligenza produttiva encomiabile.
Sei mai stata sulla luna?, però, sin dal titolo ambizioso e stonato, tradisce una fastidiosa natura meccanica, esasperatamente poco spontanea, facendo quasi sorgere il dubbio che lo stesso regista romano non sia mai stato completamente convinto dell’operazione. I problemi del film, infatti, sono evidenti e non posso certo limitati alla mancanza di realismo narrativo o alla costruzione meccanica di gag comica, di ogni scena emotiva (sottolineata da un’estenuante e onnipresente colonna sonora).

A bruciare di più è l’incapacità di Genovese di lasciare liberi i propri attori, oppressi in una struttura invadente come non mai. La coppia Solari-Bova è mal costruita e la loro scarsa alchimia ferisce le prove dei due ma a lasciare interdetti, in questa solita Puglia da Film Commission, è soprattutto il notevole cast di contorno lasciato vittima di scelte troppo facili, dove alle mine vaganti (Sermonti, Sassanelli, il sempre eccellente Nino Frassica) sono preferite le vicende di personaggi “perfetti” come il cugino disabile di Neri Marcorè, depositario dell’anima banalmente reazionaria della storia.