Un piccione seduto sul ramo riflette sull'esistenza, di Roy Andersson

A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence
Il problema fondamentale che sta a cuore a Roy Andersson è quello della prospettiva, del punto di osservazione. Ma il fatto è che, nel suo bel discorso pittorico da Accademia di Svezia, sceglie di disinteressarsi completamente della luce (alla faccia dei fiamminghi) e del colore. Cioè nega ai quadri quegli elementi fondamentali che ne definiscono il senso emotivo e concettuale

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A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on ExistenceUna serie di scene e di vicende slegate tra loro, personaggi esangui che attraversano gli interni e gli esterni di una città desolata. Due venditori di giochi che non ridono mai, un vecchio sordo che beve grappa in un bar, uomini e donne depressi, ballerine fuori tempo massimo. Ce ne sarebbe di materia per un affresco magmatico e ribollente di un mondo allo sbando, o anche per un omaggio caldo e partecipe alla bellezza delle vite anonime. Ma Roy Andersson si tiene comunque a distanza. “Riflette” a modo suo e traccia il terzo atto di una tragicomica trilogia dell’esistenza, dopo i due film culto Songs from the Second Floor e You, the Living.

In effetti, è chiaro che, nel determinare la costruzione degli spazi e la posizione dei personaggi all’interno delle inquadrature fisse che esauriscono ogni scena, il problema fondamentale che sta a cuore a Roy Andersson è quello della prospettiva, del punto di osservazione.
Come diviene palese in quella scena decisiva della tortura “assira”, con il rovesciamento di campo – l’unico del film – che svela a quale razza malata e decrepita sia destinato uno spettacolo tanto crudele, invitandoci, di rimando, a riflettere sulla nostra disumanità di spettatori. Ma se – come piace a lui e agli esegeti accorti – il riferimento cardinale è quello di Pieter Bruegel il Vecchio, con quell’osservazione “dall’alto”, dal punto di vista del piccione, di un’umanità assurda, sono chiari anche i rimandi alla prospettiva scientifica di Piero della Francesca e Paolo Uccello (i pavimenti a scacchi!), con la costruzione rigorosa degli spazi e la ridefinizione delle gerarchie tra personaggi e ambiente. In altre parole, è come se con i suoi “quadri” Andersson mirasse a congiungere definitivamente la prospettiva “naturalistica” fiamminga a quella matematica delle punte più avanzate – e “astratte” – dell’arte italiana. Osservazione e rimodulazione della realtà (e su questo punto, almeno mi pare, non abbiamo inventato nulla). Ma ovviamente i rimandi vanno oltre, arrivano agli interni desolati di Hopper, fino alle deformazione di Otto Dix. Ma il grottesco di Andersson non deforma, non piega, non vive di rabbia, sdegno, desolazione, solitudine. Rimane comunque imprigionato nei rigori scandinavi della forma, in quella profondità di campo così democratica. È l’ironia, dice lui, dicono gli esegeti, quella distanza da cui guardare i deserti di oggi e della storia.

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Ma il fatto è che Andersson, nel suo bel discorso pittorico da Accademia di Svezia, sceglie di disinteressarsi completamente della luce (alla faccia dei fiamminghi) e del colore. Cioè nega ai quadri quegli elementi fondamentali che ne definiscono il senso emotivo e concettuale. E non si accorge, forse, del punto: nel grigiore uniforme delle sue scene, Andersson non solo sottrae linfa vitale ai pallidi personaggi che racconta, ma toglie forza e ragione a tutto il suo cinema, che non parla più per immagini, ma semplicemente per “quello che contiene”. Il film non suggerisce, non devia, non inventa, semplicemente afferma programmaticamente, didascalicamente la sua idea. L’ironia va a farsi fottere, perché non c’è più “dissimulazione”, sviamento, finzione. "Si può stare davanti ai quadri di Bruegel per ore", dice Andersson. Per il suo cinema basta un minuto. Tutto è fin troppo “chiaro”. E questo tutto può anche essere una riflessione sull’esistenza, può anche farci sorridere meccanicamente, ma dall’esistenza non è sfiorato. E allora, va bene. Ma non ci riguarda.


Titolo originale: En duva satt på en gren och funderade på tillvaron
Regia: Roy Andersson 
Interpreti: Holger Andersson, Nisse Vestblom
Origine: Svezia, 2014
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 101'

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