The Repairman, di Paolo Mitton

The repairman
Fin dalla scelta di un titolo inglese sono chiare le intenzione del regista di voler uscir fuori dal panorama italiano e tuttavia è un film che sembra più essere amato che amabile, la sua freschezza è annebbiata dal rumore degli ingranaggi che la creano. Come un quadro impressionista dove tutti i personaggi sono solo tratteggiati nei caratteri principali e nessuno si comprende davvero

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the repairmanThe Repairman, opera prima del produttivamente avventuroso e coraggioso regista piemontese Paolo Mitton, ? un film slow: lento di fatto e per scelta in ogni suo aspetto. Lunghe inquadrature sono attraversate da movimenti molto lenti della macchina che si sofferma pacatamente sugli ambienti e soprattutto sui personaggi, sulle loro esitazioni, sulle loro parole spesso vuote che in alcuni casi (le cene) richiamano situazioni teatrali, commedie da camera che piovono di parole inutili preoccupandosi piuttosto della cura dei dettagli.

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come a volerlo escludere a priori dalla normalità e condannare all'incomprensione (tutti gli altri vanno sempre troppo di fretta per essere attenti a questa piccola mancanza), è sostanzialmente un sognatore fallito, un eterno bambino a cui piace giocare con i fili e i tubi (romanticamente specializzato nella riparazioni di vecchie macchine da caffè) che, con un certo disagio, affronta la sua vita in solitudine al fianco di amici simpaticamente svitati che cercano di piazzarlo sul mercato delle coppie. L'unica che può accettarlo – almeno inizialmente – è un'estranea, straniera di fatto e di nome (H-elena), che lo accoglie nel nido ma che poi non riesce a resistergli e sprofonda nel vortice delle donne cattive e incoerenti, che di professione insegnano a licenziare i dipendenti in modo carino ma che poi non sono capaci di gestire in modo altrettanto carino il rapporto con il partner. 

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the repairmanPerplessità e apprezzamento accompagnano la visione di The Repairman. Fin dalla scelta di un titolo inglese sono chiare le intenzione del regista di voler uscir fuori dal panorama italiano, cosa che sicuramente gli riesce: è un film atipico, presenta una situazione, degli ambienti e dei personaggi insoliti, potenzialmente potenti ma c’è qualcosa che li appesantisce. E’ un film che sembra più essere amato che amabile, la sua freschezza è annebbiata dal rumore degli ingranaggi che la creano. La sceneggiatura non riesce ad avere un’evoluzione, tutto quello che succede tra la situazione iniziale e quella finale è sempre sottotono, così come lo sono i personaggi: nessuno ha davvero un anima, neanche il protagonista. L’intenzione del regista di non schierarsi dalla parte di nessuno aveva proprio questo rischio: quello di realizzare un quadro impressionista dove tutti sono solo tratteggiati nei caratteri principali e nessuno si comprende davvero.

Nonostante questo, la potenza dell’opera è nei momenti di simpatia e ironia che caratterizzano certi personaggi macchietta (l'aspirante coinquilina biologa, la Zoe), nella cura scenografica dei luoghi e degli oggetti (tutti quelli riparati) che attraversano la vita del protagonista, nel fiume di idee che comunque lo investono e, soprattutto, nella passione incredibile ed evidente con cui è stato realizzato

Regia: Paolo Mitton

Interpreti: Daniele Savoca, Hannah Croft, Paolo Giangrasso, Fabio Marchisio, Irene Ivaldi, Francesca Porrini, Elena Griseri, Alessandro Federico, Lorenzo Bartoli, Beppe Rosso, Anna Bonasso

Durata: 89’

Origine: Italia, 2013 

Distribuzione: Cineama

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