TORINO 30 – "Age is…", di Stephen Dwoskin (Onde)

TORINO 30 - Age is...di Stephen Dwoskin (ONDE)

Nel suo ultimo film, Stephen Dwoskin si sofferma sull'età feroce. Malgrado la sua serena dolcezza, Age is… non offre una  formula consolatoria. Non c'è traccia di connivenza con la menzogna della vecchiaia benevola, saggia e pacificata. Ma il dolore stavolta si stempera nell'immensa natura che lo comprende, in una visione quasi panteistica del mondo. 

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TORINO 30 - Age is...di Stephen Dwoskin (ONDE)Do not go gentle into that good night,
Old age should burn and rage at close of day;
Rage, rage against the dying of the light.

[Dylan Thomas]

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Inizia con una crepa nel muro, lungamente osservata, mentre le note di Alexander Balanescu danno il via a una sinfonia della vecchiaia: la crepa è la soglia, quel tratto che ci illude di separare la freschezza e la benevolenza del tempo dalla prossimità alla fine, un tratto invisibile, una barriera inventata per rassicurare il regime sulla sua sopravvivenza: la stessa creata per dividere la "norma" dalla follia, il sano dal malato, il vivo dal morto (o dal morente). Non è la morte il punto, ma la negazione, l'uscita dal consorzio umano:"lo sguardo degli altri che ti incolla al tuo destino senza futuro", diceva Jean Amery, che sull'invecchiare ha detto cose mirabili.

Nel suo ultimo film, Stephen Dwoskin si sofferma sull'età feroce: non tanto per cogliere la crudeltà della carne, sulla quale pure si è soffermato in tutta la sua carriera, quanto la levità di questi vecchi volti, quasi lo svaporare dei ricordi e insieme il loro persistere, la storiografia incessante ripetuta dalle vene in rilievo, le guance che cercano la forza di gravità, le dita annodate. Ecco una galleria di primissimi piani, così vicini da temere che possano sul serio catturare l'anima del soggetto, ritratti di uomini e donne (tra cui lo stesso Dwoskin) che guardano l'obiettivo, a volte severi, a volte scherzosi, sempre impenetrabili, le bocche che si incurvano improvvisamente come al ricordo di un segreto delizioso. La donna dai capelli immacolati che sorride come una sfinge o una Gioconda, quella fierissima e selvatica che si incide le rughe con un pennarello, come una guerriera Mohawk, gli occhi iniettati di sangue che sembrano piangere, ridere e narrare cose indicibili allo stesso tempo, il tremolio di una mano coperta da anelli, poveri sigilli rispetto alle formazioni calcaree che li sostengono.
 

Quante volte da bambini abbiamo osservato le case familiari dei nonni, che sembrano sonnolente e polverose anche quando sono pulite, e soprattutto i nostri anziani, nel dettaglio, chiedendoci se quelle rughe così profonde non facessero addirittura male, come ferite, o osservato con stupore il reticolo sulle loro mani, le macchie sulla pelle: come se fossero mutazioni aliene, cose bizzarre, però interessanti. Senza separazione, senza giudizio. In un certo senso Age is… ci riporta a questo stato, con la differenza che oggi intuiamo la molteplicità delle dimensioni che ha scavato quei segni, la quantità e la varietà, e anche il peso, degli eventi che li hanno modellati.
 

AStephen Dwoskin - AGE IS, Torino 2012ge is... è una straordinaria contemplazione della natura, intesa come ciò che ci circonda e ciò che ci forgia: non c'è bisogno di parole in questa poesia meditativa, al massimo Dwoskin, genio anarchico, interviene rallentando ancora di più la lentezza naturale della discesa di una scala o del muoversi di una lingua, giocando da elettroacustico con suoni e frammenti di discorso che irrompono in un oceano di silenzio.

Malgrado la sua serena dolcezza, nel film non c'è traccia di connivenza con la menzogna della vecchiaia benevola, saggia e pacificata. Ma il dolore stavolta si stempera nell'immensa natura che lo comprende, in una visione quasi panteistica del mondo. Vita e morte si ricompongono, a fluire in quella crepa che apre il film. Non è una crepa soltanto: è un'apertura e una porta. Per chi si scaglia ad attraversarla, come una forza elementare che si gode ogni respiro.
 

[Come hanno raccontato Antoine Barraud e Rachel Bénitah nell'incontro con il pubblico seguito alla proiezione, Dwoskin, via via che la sua salute peggiorava,  impedendogli di muoversi o di spendere le poche energie rimaste, ha chiesto ad amici (registi e non) di inviargli dei video rappresentativi della loro personale percezione della vecchiaia (è il caso dell'autoritratto di Tonino De Bernardi) e indica alcune delle riprese che avrebbe voluto inserire nel suo film: acqua che scorre, vento che muove gli alberi, i corridoi dell'Università della terza età. Gli stessi Barraud e Bénitah hanno girato alcune scene e  raccolto i suoi intenti in una conversazione tenuta all'inizio del 2011, che registra gli intenti di Dwoskin, scomparso quest'anno.

Qui di seguito, Massimo Causo introduce la proiezione di Age is... all'interno della sezione ONDE al 30° Torino Film Festival. Il regista Antoine Barraud e la coreografa Rachel Bénitah, produttori del film, raccontano l'incontro con Dwoskin, la genesi e la realizzazione del film:
 

 

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