TORINO 30 – “Variations ordinaires”, di Anna Marziano (TFFdoc – Italiana doc)

variations ordinaires

Variations ordinaires di Anna Marziano sembra appartenere ad un nuovo prototipo di genere cinematografico in cui il film sembra invitarci a ragionare sulle immagini con un taglio da ricerca entomologica. Una ricerca che fa emergere verità insospettate, che costringe lo spettatore all’interno di un recinto visivo dal quale trarre le infinite possibilità a seguito di una successiva selezione. un lavoro simbiotico, e per questo assolutamente indispensabile, con la traccia sonora che restituisce, stavolta, rilievo all’immagine stessa.

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Roubaix non è soltanto la città che infiamma l’anima degli sportivi nelle incipienti primavere ciclistiche, ma è anche una città al nord della Francia che un tempo fu cruciale nodo industriale e che oggi vive una crisi non soltanto economica, ma anche di identità collettiva.

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Anna Marziano, trentenne filmaker padovana, già ospite a Torino nel 2010, lavora su questa trasformazione per ricercare un’identità collettiva perché le immagini e le parole possano costituire un collante per un nuovo generale sentire. Si afferma, in questa prospettiva, il lavoro condotto attraverso un prototipo nuovo di operazione cinematografica che all’interno di una categoria che non si iscrive alla fiction, ragiona sulle immagini con un taglio da ricerca entomologica. Un tipo di  documentario concettuale che senza stravolgere il senso di un racconto per immagini che non sia fiction, ipotizza e compie una ricerca che ha lo scopo di fare emergere verità insospettate costringendo lo spettatore all’interno di un recinto visivo per trarne le infinite possibilità a seguito di una successiva selezione. Il documentario della Marziano si aggiunge, in questa ideale ipotesi, a quanto già aveva fatto Luca Ferri nel suo Magog. Entrambi i lavori sembrano attingere ad una forte necessità dell’immagine come elemento primario, ma in realtà compiono un lavoro simbiotico, e per questo assolutamente indispensabile, con la traccia sonora che restituisce, stavolta, rilievo all’immagine stessa.
Anna Marziano in tredici piani sequenza fatti di inquadrature fisse disegna tracciati urbani comuni riempiendoli dei racconti, che ci provengono da voci fuori campo, dei suoi abitanti, di narrazioni dentro le quali troviamo le loro trasformazioni. Si tratta di frasi, episodi della vita che hanno mutato le esistenze di questo ideale collettivo anonimo. Dentro queste varie e smisurate direzioni narrative ritroviamo un generale comune sentire che ci riconduce dentro una collettività in piena crisi. Uno straordinario lavoro teorico che si interroga su quanto le parole degli altri ci trasformino e quale possa essere il percorso da seguire per sfuggire al concetto di singolare per approdare a quello di plurale. Un lavoro dalla invidiabile architettura visivo/creativa che soffre, forse, appena appena, a visione ultimata, di quel meccanicismo che avrebbe potuto essere interrotto da un elemento di rottura che spezzasse, esaltandola, perfino, la perfetta e simmetrica costruzione dentro quella – comunque – originale struttura che il film offre allo spettatore.

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