BERLINALE 63 – "Before Midnight", di Richard Linklater (Fuori Concorso)

before midnight

Se in Prima dell'alba e Prima del tramonto, Linklater era riuscito a giocare con gli spazi urbani, per creare il perfetto controcanto emotivo delle conversazioni e dei confronti tra i due personaggi, qui si limita allo stretto essenzia. . L'artificio prende il sopravvento, si avverte la fatica della recitazione. È come se piano piano questo "grande documento sull'amore e le relazioni" si fosse trasformato in un documento sulla "performance" di due attori. Magnifici senz'altro, ma con un grado di vita in meno

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before midnightA scadenza fissa. Come un anniversario, un compleanno, un trigesimo, un matrimonio, un funerale. Before Sunset arrivava nove anni dopo Before Sunrise. Ora, dopo altri nove anni, eccoci di nuovo insieme a Jesse e a Céline. Ma stavolta siamo solo noi a non sapere, ad aver vissuto senza notizie, nell'attesa che succedesse qualcosa, ci fosse un gesto, un richiamo. I due non si sono lasciati, come la prima volta, sui binari di un treno. Sono stati insieme, hanno costruito una vita, una famiglia. E tocca dunque a noi rincorrerli, per scoprire cosa è accaduto in questo tempo, come sono cambiati, quanto sono ancora legati l'uno all'altra. I presupposti sono rovesciati ed è questo ad assicurare, sulla carta, un'originalità di Before Midnight rispetto agli altri due film.

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Il tramonto è già passato da un bel pezzo e il fuoco dell'amore si sta pian piano trasformando in cenere. Ecco, Before Midnight non è più un film sulla leggerezza della giovinezza o sulla tenera, bruciante nostalgia delle occasioni mancate. E un film sul peso insopportabile del dovere tenere fede alle promesse, sulla fatica della condivisione quotidiana, sulla distanza infinita che separa l'io e il noi. Linklater, Ethan Hawke, Julie Delpy lavorano in simbiosi, costruiscono e scolpiscono i caratteri dei due personaggi come se si trattasse di mettere in gioco il loro stesso vissuto. Ma ormai non riescono a trovare nulla più che le parole per esprimersi. C'è un ingranaggio (perché pur sempre di quello si tratta) che si è inceppato, qualcosa che gira a vuoto e ci tiene distanti dalle loro storie. Il cinema è a un punto morto, perché non è capace di trovare una chiave che possa cancellare, riassorbire e cicatrizzare la consapevolezza programmatica dell'esperimento.

 

Se nei primi due film, Linklater era riuscito a giocare con gli spazi urbani, per creare il perfetto controcanto emotivo delle conversazioni e dei confronti tra i due personaggi, qui si limita allo stretto essenziale. Due piani sequenza prolungati e poi tutta una serie di dialoghi, dove praticare un semplice campo controcampo. Le cose e le immagini parlano in rarissimi momenti, un tramonto del sole sospeso, una breve partita a calcio. Poi nulla. Al punto da essere fuori "luogo" anche la Grecia, ambientazione senz'anima, scelta sulla carta come richiamo all'origine di una "cultura", più volte evocata nei massimi sistemi del dialogo, ma poi dimenticata sulla porta di una stanza d'albergo, come un accidente, un'avventura esotica. In fondo è la stessa Céline, nella sua furia, a rinfacciare a Jesse la fragilità di questa sovrastruttura. E intanto, tra le righe, ci mancano altre conversazioni di altri film parlati… In effetti, quello che rende Before Midnight l'episodio più debole della serie è il cortocircuito tra questa pretesa di sincerità, naturalezza, di "realismo sentimentale" e il peso della costruzione delle situazioni, resa evidente, asfissiante proprio dal respiro corto delle immagini. L'artificio prende il sopravvento, si avverte la fatica della recitazione. È come se piano piano questo "grande documento sull'amore e le relazioni" si fosse trasformato in un documento sulla "performance" di due attori. Magnifici senz'altro, ma con un grado di vita in meno rispetto a ieri. Prima di mezzanotte le stelle sono appannate. Aspettiamo un'altra alba tra nove anni.

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