CANNES 66 – Incontro con Amat Escalante e il cast

Amat Escalante

Al terzo lungometraggio il regista messicano, coprodotto dall’amico e collega Carlos Reygadas, approda nel Concorso del Festival. Alle due opere precedenti, Sangre del 2005 e Los Bastardos del 2008,  Cannes aveva riservato un posto nella sezione Un Certain Regard. Ancora una volta Heli e' una storia di drammi e miseria nel deserto messicano. In conferenza anche i due protagonisti Andrea Vergara e Armando Espitia

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Amat EscalanteAl terzo lungometraggio, Amat Escalante, regista messicano, tra l’altro coprodotto dall’amico e collega Carlos Reygadas, approda nel Concorso del Festival.  Alle due opere precedenti, Sangre del 2005 e Los Bastardos del 2008, Cannes aveva riservato un posto nella sezione Un Certain Regard. Ancora una volta una storia di drammi e miseria nel deserto messicano.  Heli, nome che da il titolo anche al film, è un giovane operaio, suo malgrado, invischiato in un vortice di violenze atroci e traffici illeciti. A farne le spese, anche la sorella di 12 anni, invaghita di un giovane aspirante poliziotto. In conferenza, con il regista, presenti i due protagonisti : Andrea Vergara e Armando Espitia

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Si potrebbero considerare i suoi tre lungometraggi, come una sorta di trilogia sulla società contemporanea messicana?
Non in modo consapevole. Sono per metà americano e metà messicano, e questo rapporto di forza si evince, credo, in tutti i miei film. Sangre mostra gli effetti perversi della globalizzazione. In Los Bastardos, due messicani clandestini negli Stati Uniti, si macchiano di violenze inaudite e Heli è ambientato in una cittadina costruita e pensata per l’indotto industriale della General Motors, dove appunto lavora il mio protagonista.

 
Qual è il suo desiderio di cinema?
Sono interessato allo sviluppo di tesi e non ad inviare messaggi. Più che i fatti mostrati, è la dimensione psicologica che mi interessa. In Messico tutti vivono con una forma di paura nel ventre, la violenza è una realtà di tutti i giorni.
 
 
Dove partono le sue storie per trovare le atmosfere desiderate?
Partono sempre dai corpi, dai volti, dallo sguardo dei miei interpreti. Gli interpreti restano i vettori attraverso i quali il regista trasmette delle emozioni, delle sensazioni. Ho visto 3000 persone prima di scegliere il mio protagonista.  
 
 
Perché cerca per i suoi film scene di inaudita violenza física e psicologica?
Hitchcock aveva l’abitudine di dire che le cose sono più forti quanto più sono nascoste. Io voglio invece provare il contrario e sperimentare se è possibile ottenere gli stessi effetti regalati dalla suspense. Non ho mai fatto esperienze estreme dirette, come quelle che mostro, quindi cerco con la mia mdp di esplorare un mistero personale. Non voglio certamente fare una cattiva pubblicità al mio Paese, ma provo a presentare la violenza così com’è.
 
 
A proposito della prima immagine…
La scena di un ragazzo impiccato sotto un ponte, è quella che più di ogni altra mi ritornava alla mente. Ho provato a disfarmente durante il montaggio, ma non sono proprio riuscito a liberarmene.
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