CANNES 66 – “Fruitvale Station” di Ryan Coogler (Un Certain Regard)

Fruitvale Station

L'uccisione da parte della polizia di San Francisco di un 22enne nero, avvenuta all'alba del 1° gennaio 2009, messa in scena dall'esordiente Ryan Coogler in un tripudio di buoni sentimenti e fasulla concordia sociale

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Fruitvale StationIpotesi cronachistica per un melodramma sociale in presa diretta sull'America contemporanea, che sogna la concordia e immagina di poter rigettare la violenza endemica come fosse un pasto maldigerito.

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Fruitvale Station prende un fatto realmente accaduto e lo trasforma in un quadretto metropolitano alla Frank Capra: la mattina del 1° gennaio 2009, di ritorno con la compagna e gli amici dallo spettacolo di fuochi d'artificio dell'ultimo dell'anno, il 22enne nero Oscar Grant venne ucciso da un agente durante un fermo di polizia nella stazione di Fruitvale della metropolitana di San Francisco. L'esecrabile evento di violenza metropolitana agita dalle forze dell'ordine, catturato dalle immagini dei cellulari dei tanti testimoni e diventato l'ennesimo caso nazionale, viene preso dal californiano

Ryan Coogles come soggetto del suo film d'esordio e, presentato al Sundance, conquista subito il Gran Premio della Giuria e, ovviamente, il Premio del Pubblico e finisce nel listino dei Weinstein, sempre presenti all'appello quando c'è da lucrare sui buoni sentimenti a tutto schermo. Il film cavalca l'ipotesi della denuncia, ma la immerge in una melassa sociale che trasforma le strade di San Francisco in una sorta di Oz. Non è tanto questione di rappresentare la vittima come un bravo ragazzo dalla vita difficile, fermato dal fato avverso proprio quando ha deciso di rigare dritto per amore della compagna e della figlioletta. È piuttosto il fatto che costruisce una rappresentazione della realtà in cui tutti si vogliono bene, la concordia sociale è un dato acquisito, ci si aiuta e si sorride ad ogni angolo di strada. E lo fa adottando uno stile all'impronta, da presa diretta fasulla che pedina a vuoto figure e situazioni da manuale del cinema indipendente con ambizioni da mercato. Il punto è che il tutto ha quasi un effetto ipnotico sulla nostra voglia di vivere un mondo migliore e ci fa quasi credere che la realtà sia davvero quella che ci viene mostrata acriticamente e indubitabilmente.

Capra raccontava fiabe e lo diceva, Fruitvale Station finge un realismo che non ha e spaccia per denuncia sociale un piccolo melodramma furbo assai. Così non vale…

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