VENEZIA 70 – "Future Reloaded"


Settanta registi da tutto il mondo, settanta brevissimi cortometraggi: così si celebra la settantesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. E per rappresentare la propria Weltanschauung nonché riflettere sul futuro del cinema, c’è chi sceglie la micronarrazione, chi si lascia intervistare, chi lancia suggestioni, chi mira alla risata

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Settanta registi provenienti da tutto il mondo, settanta cortometraggi compresi fra i sessanta e i novanta secondi: questo è Venezia 70 Future Reloaded, ovvero il progetto pensato per celebrare la settantesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Nomi illustri, come Bernardo Bertolucci, Monte Hellman, Kim Ki-duk, Lav Diaz, Abbas Kiarostami, Sion Sono, Amir Naderi. Nomi che in comune hanno il fatto di aver partecipato nel corso degli ultimi vent’anni almeno a una delle precedenti edizioni della Mostra. Future Reloaded nasce quindi come un omaggio d’autore collettivo al primo Festival che ha raggiunto il traguardo delle settanta edizioni, e si sviluppa come una riflessione sul futuro del cinema. Ma, come si sa, cinema e vita si fondono di continuo, e così il progetto si risolve in un mezzo talvolta autoironico, più spesso autoreferenziale, per interrogarsi sul senso della vita. Sessanta secondi, novanta al massimo, si rivelano una chiave interessante per condensare la Weltanschauung di un regista. C’è chi sceglie la micronarrazione, chi il metacinema, chi si lascia intervistare, chi lancia suggestioni, chi mira alla risata. La sintesi a volte si adatta perfettamente allo stile, altre volte si rivela castrante, e dà vita a un prodotto monco, che anela a esprimere più di quanto effettivamente non dica. L’approccio più seriosamente filosofico si rivela troppo didascalico e meno convincente rispetto ad altri, come quello scelto da Kim Ki-duk, che in un minuto restituisce un ritratto commosso e ironico della madre. Una chiave totalmente diversa di un regista totalmente diverso è quella inquietante e surreale adottata da Aleksei Fedorchenko, che sembra descrivere il pubblico cinematografico di tutto il mondo, con quei visi affiancati che presentano i tratti più vari ma reazioni pressoché identiche dinanzi agli stessi stimoli acustici. E se Abbas Kiarostami cita goliardicamente L’innaffiatore annaffiato dei fratelli Lumière, Salvatore Mereu rappresenta la visceralità della vita pastorale. Non mancano frecciate sarcastiche rivolte alla pretenziosità di certa arte contemporanea ? quasi un simpatico prendersi in giro ? mentre abbondano riflessioni su come la nuova tecnologia abbia ampliato il concetto di “cinema”. Stili e punti di vista eterogenei generano un prodotto nelle stesse intenzioni composito: una lunga panoramica del cinema contemporaneo, con una riconoscente strizzata d’occhio al cinema del passato e uno sguardo incerto ma ottimista su quello del futuro.

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