VENEZIA 70 – Con gli occhi chiusi: con gli occhi chiusi (9)

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Il cinema di Tsai Ming Liang ha qualcosa a che vedere con la "Sindrome di Stendhal", qualcosa che non fa svenire ma che, di fronte alla sua bellezza visiva e al suo ritmo “insostenibile”, crea un delizioso turbamento in chi lo guarda.

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stray Dogs di Tsai Ming Liang

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Titolo ridondante oggi, lo ammettiamo. Ma l’esperienza della visione di Stray Dogs  di Tsai Ming Liang nella Sala Grande del Festival non può non essere raccontata. Sala strapiena, anche se curiosamente l’accesso è stato semplicissimo, almeno per chi ama vivere il film dalle prime file. Poi parte il film e, da subito, Tsai non concede nulla: 5 minuti di piano fisso di una madre che si pettina i capelli, mentre i suoi figli stanno dormendo sul letto. E’ un proclama chiarissimo: caro spettatore, non aspettarti altro che un film di Tsai Ming Liang. Ovvero quello che il giornalista Lee Marshall ha definito un “capolavoro palloso”… Passa mezzora e il nostro sguardo non si placa, nessun cedimento, ma dopo un po’ girandoci verso il pubblico notiamo che una persona su tre, forse su due, “segue il film con gli occhi chiusi”. 

 

Già, vedere un film chiudendo o socchiudendo gli occhi, esperienza capitata a tutti, soprattutto a chi frequenta i Festival e passa ore e ore davanti allo schermo. Ma quello che ci ha colpito erano i volti di due donne, di mezza età, completamente rilassate e serene, con gli occhi chiusi dinanzi allo schermo. Ma dopo la “crisi” della prima ora, ora e mezza, nonostante il film mantenga il suo ritmo con inquadrature fisse e lunghissime, fino al meraviglioso infinito finale (qui nella foto), gli occhi si sono improvvisamente riaperti. E non si vedeva più nessuno in sala che…dormiva.  Perché il film era diventato un’esperienza fisica, il corpo dello spettatore penetrato nei campi, nei rumori dell’acqua, nei pianti prolungati, nei volti senza (quasi) sorriso.  Ecco il cinema di Tsai ha qualcosa a che vedere con la "Sindrome di Stendhal", qualcosa che non fa svenire ma che, di fronte alla sua bellezza visiva e al suo ritmo “insostenibile”, crea un delizioso turbamento in chi lo guarda. E siamo lì, di fronte a questi “quadri infiniti”, e non riusciamo a distogliere lo sguardo, Tranne che per annegare nel sogno, luogo da dove sembra provenire questo “capolavoro insostenibile”, verso l’unico vero “shining” del Festival… (f.c.)

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    3 commenti

    • andrea caramanna

      Senza tanti sofismi, ma i professionisti della dormita a Venezia sono davvero tanti. A costoro chiedevo sempre che senso ha vedersi di ogni film il 50% o il 40% o il 20% o anche meno come sembra esser capitato in sala grande con Tsai Ming Liang? Fa il paio comunque con l'immagine fissa di Gravity, in prova tecnica… Bellissimo… Grazie Federico!

    • Voglia di dormire con il cinema…. grazie!

    • Ero anch'ioin sala grande e ho visto tanti che dormivano, effettivamente soprattutto nella prima metå del film. Ma sul finale eravamo tutti svegli e incantati a guardare lo schermo nello schermo, e i due attori straordnari. Domanda: come fa l'attrice a tirar fuori una lacrima ogni dieci minuti senza alcuno stacco? Effetto speciale? Lei….