LOCARNO 66 – "Sangue", di Pippo Delbono (Concorso)

giovanni senzani e pippo delbono in sangue

Va oltre il cinema Pippo Delbono. O nelle zone dove la scrittura, l'analisi critica non possono arrivare in un diario privato completamente aperto, a nudo, in cui il vissuto personale scorre parallelamente a quello dell'ex leader delle Brigate Rosse Giovanni Senzani. Se potesse, farebbe vedere anche il proprio cuore insieme agli occhi, i piedi, le mani

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giovanni senzani e pippo delbono in sangueLa scrittura non può restituire quello che è più di un film, un'esperienza condivisa a nudo, senza filtri. E questa inadeguatezza è evidente spesso nell'opera di Pippo Delbono e soprattutto in quest'ultimo straziante Sangue con cui l'artista torna a Locarno in concorso dopo averci portato il corto Blue sofa e La paura nel 2009. E la critica, l'analisi si ferma molto prima a dove è il film. Anzi, dimostra come servano a poco. E questo ne è un esempio lampante.

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Dopo Amore carne un altro diario privato aperto e condiviso. Qui, fine 2011, Pippo Delbono è assieme A Giovanni Senzani, ex leader delle Brigate Rosse che è da poco uscito di prigione. In gioco ci sono i loro sogni di rivoluzione, l''Italia in rovina ma soprattutto il loro privato che li mette entrambi davanti alla perdita. Delbono con la madre Margherita, Senzani con la moglie Anna che, dopo averlo atteso 23 anni, si èa sua volta ammalata.

L'Aquila, Margherita, Anna. Tutti diversi legami di sangue. La malattia del corpo e il disfacimento e le macerie della città abruzzese, immagini catturate più che rubate, momenti decisivi in cui a Delbono serve l'altro occhio. Anche con un telefonino, lo stesso con cui lui comunica via sms con la moglie di Senzani senza essere mai inquadrata. O dolori che si condividono, quindi si fimano, nel momento stesso in cui si provano. Come quelli vissuti da Delbono con la madre. La poesia di S. Agostino. Il viaggio a Tirana per trovare una cura per la malattia della donna. Il peggioramento fisico con una struggente telefonata con la nipote. Il corpo senza vita. Passaggi di un movimento emotivo incessante, trascinante come quelli in cui Delbono, nella Cavalleria rusticana a Napoli, corre sulla scena e apre le porte.

Sangue non si nasconde, anzi se potesse filmerebbe dal di dentro, facendo vedere il cuore insieme agli occhi, i propri piedi, le mani di Senzani. Dove non è più solo il volto ma tutto il corpo che si muove mentre parla, si confessa. E il cinema qui è insieme eterno ma anche mortale. Segna quei punti dove il vissuto diventa memoria ma come un gettito d'acqua continuo. Dove quello che viene mostrato è insieme troppo e troppo poco. E l'esperienza limitata nella durata cinematografica, i 92 minuti, ci sono frammenti, esperienze, amori infiniti.

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