BRASILE 2014 – Lacrime e organizzazione

Brasile 2014 - lacrime

Nel Mondiale dove i favoriti vincono sempre non poteva non vincere la Germania, la squadra più forte, talentuosa e organizzata del Torneo. Trionfo della volontà e della pianificazione calcistica che ha saputo dare spazio e occasione a una generazione di ottimi calciatori, e per una volta la Germania è stata la squadra tecnicamente migliore di tutti. Ma il grande refrain del mondiale sono state le lacrime…

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Alla fine tutto è andato come previsto: la squadra più forte ha vinto il Mondiale. Tra la speranza di una sorpresa possibile (la Colombia? Il Belgio? La Francia?), persino noi avevamo scritto, più di un mese fa che “la squadra più attrezzata sembra essere ancora una volta la Germania, solida e ricca di talenti, senza una riconosciuta “top star” ma piena di grande qualità e sostanza. Se non avrà la sfortuna di ritrovarsi la solita Italia ad eliminarla… 

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Senza l’Italia, sua terribile bestia nera a fermarne la corsa, come al Mondiale 2006 e all’Europeo 2012, la Germania ha potuto sfoderare tutto il suo meraviglioso potenziale costruito in questi anni, con un processo di ringiovanimento e, soprattutto, di riorganizzazione completa del suo calcio, che alla fine ha dato i suoi frutti. E oggi il Mondiale va alla nazione che meglio ha investito su stadi e vivai, e su quella giustizia ed etica che hanno visto il presidente del Bayern Monaco finire in prigione per evasione fiscale… 

mario Goetze_Pubblico, giovani, giustizia. Sembrerebbero tre punti per un programma elettorale. Se a questo ci aggiungete il melting pot alla tedesca (nel paese che celebrava il trionfo della razza), la scelta di non partecipare alle aste per comprare i big del calcio mondiale (Robben al Bayern era uno “scarto” del Real Madrid), e, infine, quella di innestare il calcio tecnico e qualitativo di Guardiola sul tradizionale dinamismo tedesco, il risultato è davanti agli occhi di tutti. Ovvero una nazionale che ha preso il meglio del calcio degli ultimi dieci anni (il Barcellona) e lo ha adattato allo spirito germanico, fatto di forza di volontà, combattività e organizzazione. E la Germania 2014, piena di talenti ma senza la top star, la squadra “più alta e più pesante” ma anche tra le più giovani del torneo, vince grazie allo spunto straordinario di un ragazzo di 22 anni alto 1,76, Mario Götze, “rubato” con i soldi dal Bayern al Borussia Dortmund, che ha passato quasi tutto il Mondiale in panchina, con il tecnico Loewe che gli preferiva l’esperienza e la forza del 35enne cannoniere Miroslav Klose.

 

Nessuna sorpresa, dunque. Anche se va riconosciuto all’Argentina di essersi meritata una finale pur con una squadra che appariva splendente in attacco (peccato aver perso l’estro di Di Maria) e debole in difesa, ma che poi nella finale ha dimostrato di avere una difesa quasi insuperabile e un attacco capace di presentarsi ben tre volte con un giocatore (Iguain, Messi, Palacio) solo davanti al portiere e di sbagliare in tutte e tre le occasioni.

 

Possiamo dirlo, è stato il mondiale della tecnica e dell’organizzazione calcistica. L’aspetto extradiegetico, tanto caro ai cronisti “narratori” di Sky, quest’anno sembra essere quasi scomparso. Al centro è tornato il pallone, gli allenatori con i loro schemi, i calciatori con i loro errori e le loro prodezze tecniche. Brasile 2014 è stato un Mondiale che è riuscito a tener fuori quasi tutto quello che non rientrasse nella sfera del rettangolo verde. E infatti se dobbiamo riepilogare rapidamente tutto il mondiale in poche righe, come ha fatto bene Frank Maggi, difficilmente usciremo fuori dal campo e dalle storie del campo. Al massimo possiamo rifugiarci nei tweet trends, o sui sei secondi di Vine…

 

Dentro al campo, tutt’al più sugli spalti, si è manifestato il vero e unico grande refrain di Brasile 2014: l’esplosione delle lacrime. Mai si era visto piangere così tanto in televisione e sugli schermi, neanche fossimo in un mèlo anni Cinquanta. Calciatori che piangono all’inno nazionale, alla eliminazione o sconfitta, al rigore sbagliato, all’infortunio subito. Mai il “pianto maschile” era stato così esibito all’occhio del mondo. Il pianto maschile come una nuova forma di erotismo, di esibizione di forza, nella debolezza. Il maschio che si impossessa di una prerogativa delle femmine, piccola rivoluzione del costume di controtendenza. Non siamo solo capaci di combattere ma anche di perdere e soffrire, come voi…

 

“Le lacrime d’un uomo sono  preziose mettono a nudo il guerriero che è in lui, fanno trasparire il buono, che è la sua forza. Un uomo che piange ti apre il cuore e mette il suo nelle tue mani, ne sentirai  i  battiti, vivo ti parlerà d’amore. Tienilo  stretto, non lasciarlo fuggire,  fagli  sentire  che  le tue  lacrime sono  come le sue….”

(Mirella Narducci)

 


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