FESTIVAL DI ROMA 2014 – Buoni a nulla, di Gianni Di Gregorio (Gala)

Il cinema di Gianni Di Gregorio si sposta da Trastevere. E questa è già una notizia. Ma quella sua bonaria gentilezza non è cambiata, dove tutto è così fastidiosamente garbato, ed è così tranquillo da essere trasparente e subito dimenticabile. Il personaggio di Gianni è un po' un Tati de' Noantri.

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Il cinema di Gianni Di Gregorio si sposta da Trastevere. E questa è già una notizia. Ma quella sua bonaria gentilezza non è cambiata. Un po' Pranzo di Ferragosto, un po' Gianni e le donne. Con un minimalismo che sembra essere vecchio di almeno 25 anni fa. Come se dietro ci fosse stata una pièce di successo a teaatro adattata sul grande schermo. Quattro pareti, tv, il lavandino del bagno dove lavarsi i denti.

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La vita di Gianni (interpretato dallo stesso regista) scorre tranquilla. Ama il quieto vivere, non si ribella mai. Oppresso dagli anziani condomini, dall'ex-moglie e la figlia e i colleghi d'ufficio. Gli manca poco per andare in pensione. Poi invece scopre che deve lavorare altri tre anni e lo trasferiscono in un'altra sede. Qui conosce il suo collega d'ufficio Marco (Marco Marzocca). Sempre gentile e disponibile con gli altri, anche se costretto a fare gli straordinari, e spesso schiavizzato dalla giovane collega Cinzia (Valentina Lodovini). Ad un certo punto, decide che è il momento di dire basta e di ribellarsi.

Tutto è così fastidiosamente carino. Con battute che fanno 'un po' ride' (riferendosi al nuovo uomo della moglie dice alla figlia "Lo ringrazio ogni giorno perché si è preso mamma") e altre che vanno a vuoto ("Di che razza è?" – "Jack Daniels") con tanti piccoli torti su cui Gianni passa davanti, alza gli occhi e sembra dire "ce vo' pazienza" anche se un enorme macchinone bianco ti impedisce di passare nel vicolo se non strusciando contro il muro. Il piccolo sorpruso è sempre dietro l'angolo. Nelle lasagne bruciacchiate, nel troppo lavoro da sbrigare, nell'agente immobiliare che ti vuole affittare una casa spacciando la vista della Colombo come panorama verso l'infinito.

Il cinema di De Gregorio è tranquillo come le giornate del protagonista. Ce se sveja a' mattina, se dà l'acqua alla piantina, se apre a finestra, se guarda a' partita d'a Maggica co' Marco (e anche in quell'occasione arbitrava Rocchi, quasi un presagio di Juve-Roma) però a tv nun se' vede bbene perché Totti cià i capelli verdi. 

Scorre così tranquillo da essere trasparente e subito dimenticabile. Se mi vedi ti cancello. Con quella dose di buonumore posticcio, attraverso lo schema di un cinema che non cambia di una virgola. Non è tanto quello che si racconta, ma è quella ruffiana pigrizia che rende Buoni a nulla proprio l'esempio di un film asfitico. Ma che invece viene frainteso spesso come intelligente, garbato e che magari offre uno sguardo lieve ma non banale sul prepensionamento. Certo, come no. Dove per magia i dentisti si trasformano in psicoterapeuti e i rospi in principi. Magari il personaggio di Marco era anche più interessante di quello di Gianni. Ma Di Gregorio, nella sua democratica gentilezza, gli lascia gli scarti. Perché il suo personaggio vuole essere anche un po' un Tati de' noantri. Saltella, non riesce ad attraversare la strada, cerca di scacciare la mosca come il mpostino di Giorno di festa. Da oggi stiamo più tranquilli: anche noi abbiamo il nostro Monsieur Hulot della Capitale. Rispetto a lui, parla solo un po' di più.

 

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