TORINO 32 – Giorno 6 – Smarrimenti

As you were, Jiekai Liao

Nella sesta giornata tre opere ci arrivano dal concorso: l’evocativo As you were di Jiekai Liao, il riflessivo Felix e Meira di Maxime Giroux e l’eccessivo For some inexplicable reason di Gábor Reisz. Da Festa mobile Turist di Ruben Östlund, per una storia familiare con al centro un personaggio che perde il senso della propria esistenza svilita da una debolezza esistenziale

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As you were, Jiekai LiaoQuattro storie calate dentro lo smarrimento dei suoi protagonisti, nel quale si specchia lo smarrimento del festival che non trova un bandolo, un punto fermo sul quale ruotare, un baricentro sul quale stabilizzarsi. Dal Concorso, incerto e zoppicante come forse mai, tre opere: da Singapore l’evocativo As you were di Jiekai Liao, dal Canada il riflessivo Felix e Meira di Maxime Giroux e dall’Ungheria l’eccessivo For some inexplicable reason di Gábor Reisz; da Festa mobile un altro personaggio che perde ogni orientamento nello svedese Turist di Ruben Östlund.
 

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As you were è un viaggio dentro una memoria rarefatta, dentro un’ellissi temporale che confonde le coordinate del racconto diviso tra ricordo e futuro, tra presente e utopia. La storia vede i due protagonisti provare a mantenere la loro storia d’amore nonostante il passare degli anni. L’isola nella quale vivono suggerisce forte il desiderio forte di fuggire verso la città, lontana utopia luminosa. È la tensione utopica vissuta nel presente che diventa misura del desiderio. Racconto quanto mai ellittico e disorientante, girato nel 4/3 televisivo, che richiama alla memoria certe atmosfere di Malick, senza mai indulgere ad una poetica che ne possa accostare gli esiti. È il racconto della memoria, la sua evocazione per immagini, l’impatto visivo che restituisce il desiderio e l’utopia a colpire nel lavoro del regista di Singapore. Film fragile per una sua oscurità narrativa, ma, come nella tradizione asiatica, di intensa ricerca visiva.
Felix e Maira, Maxime Giroux

Meira è una giovane donna ebrea, della corrente chassidica, che vive a Montreal, secondo le rigide regole imposte dal marito componente di riguardo della comunità religiosa. Quando Meira conosce Felix, personaggio controcorrente e in rotta con l’ambiente familiare, sembra trovare il suo nuovo posto nel mondo. Il passato, però, getta minaccioso la sua ombra sul presente e sulla nuova vita che i due hanno scelto. La protagonista di Felix e Meira del canadese Maxime Giroux aggiunge il proprio nome alle tante altre donne che hanno popolato le storie del cinema e che hanno, attraverso scelte coraggiose e determinate, raccontato della forza femminile e dei mutamenti che solo questi personaggi sembra potere incarnare. Meira è mite, destinata alla sottomissione, eppure arriverà anche per lei il tempo della ribellione silenziosa. La storia sembra protetta da una coltre ovattata, come la neve che cade sulla città di Montreal, ripresa nei suoi quartieri popolari. In questa atmosfera ovattata e avvolgente si sviluppa una storia d’amore anomala, nata dal bisogno della fuga che segna l’ennesimo smarrimento dei suoi protagonisti. I due fuggitivi finiranno in una improbabile Venezia a consumare un’attesa di futuro nelle atmosfere nebbiose della laguna. Una luminosità negata al film contrappunta quest’amore così poco fisico che i due consumano negli sguardi e nei silenzi. Un cinema intimo per una storia sotterranea, dimessa, perfino nei colori sviliti da un eterno inverno. Il freddo a volte sembra attraversare le vicende e le For some inexplicable reason, Gábor Reiszsolitudini di Felix e Meira sono rotte dal canto triste del gondoliere.

È un’opera prima quella dell’ungherese di Gábor Reisz. For some inexplicable reason è un film eccessivo e debordante che vede al centro della storia le vicende buffe e tragicomiche di Aaron, per sua stessa definizione trasandato nel vestire e geneticamente sfigato. Il viaggio a Lisbona produrrà soltanto il desiderio del ritorno a casa. Reisz condisce il suo film di trovate comiche già viste, inutilmente arricchite da una verbosità a volte insostenibile, di battute telefonate, costruendo la storia attorno ai soliti canoni di un giovanilismo cinematografico che ormai ha pure smesso di mostrare la corda, avendo consumato pure quella. Un cinema antico e del tutto fuori tempo massimo.

Dal cartellone di Festa mobile la coproduzione norvegese, danese e svedese di Turist dello svedese Ruben Östlund. Una famiglia, genitori e due figli trascorre una settimana sulle Alpi francesi a sciare. Durante un tranquillo pranzo sulla terrazza del ristorante una valanga sembra minacciare le loro vite. Il marito Tomas fugge invece che aiutare la famiglia. L’episodio Turist, Ruben Östlundmette in crisi la coppia e la stessa vita di Tomas. Uno smarrimento in piena regola, un episodio preso a misura di una inguaribile debolezza, un egoismo esistenziale che corrode i rapporti familiari. Östlund enfatizza troppo, sottolinea con inutili commenti musicali i tempi del suo film, crea aspettative e non mantiene le promesse. Il film vive della sua eleganza formale e degli splendidi scenari della catena montuosa meravigliosamente fotografata. Ma tutto questo non basta per redimere un cinema che si prende troppo sul serio, che non riempie di contenuto l’idea, che traduce in una magniloquenza eccessiva un soggetto anche interessante se affidato ad una storia più minimale, più adatta interpretare il disagio di Tomas e della sua famiglia. D’altra Bergman non ha mai girato un kolossal eppure ci ha parlato delle stesse cose, sussurrandoci all’orecchio e spalancando davanti ai nostri occhi, con i suoi Piccoli film, l’abisso del nostro animo e la paura di guardarci dentro.

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