SCONFINAMENTI – Tra due corpi che si incontrano (Ritorno su "Miami vice")

Non possiamo che guardare la danza dei corpi di Michael Mann in silenzio. Sfiorare con gli occhi i loro incarnati, la loro consistenza, la loro lontananza. Seguire il ritmo, l'onda, la curva del loro completarsi. Essere tra due corpi che si incontrano, che reclamano di essere toccati, di essere premuti con le mani, di non essere lasciati andare

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Vorremmo poter iniziare ogni volta dalla fine di un incontro. Da quando alla fine ci si incontra. Da quei momenti che ci permettono di essere tra due corpi che si incontrano. Vorremmo poter essere sul limitare della soglia condivisa dal loro incontrarsi, dal loro desiderio di comprendersi. Da quel momento vorremmo che il tempo fosse riavvolgibile all'infinito.

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I corpi sentiti, visti, toccati nel loro sentirsi, vedersi, toccarsi, desiderati, ancora, come mai più trasparenti. Il nostro sguardo non più esule. Non più perso, distante, mancante. Ma a fior di pelle. Danzante sulla pelle del loro incarnato: miracolosa "parusia", presenza in cui ritrovare la carne e il sangue che ci fa vivi.


In Miami vice Michael Mann filma l'inquietudine e l'amara meraviglia che di un incontro qualcosa possa sempre mancarci, sfuggirci… perdersi. Le sue sono inquadrature del desiderio che ci dicono ogni volta di quella essenziale carnalità che tenta di trattenere sulla sua pelle quella appassionante e trepida sostanza di sentimenti e di fantasia. Vorremmo legare (nel senso più insolito e carnale della parola) a noi quei corpi, mentre il nostro sguardo è come sospeso nei passaggi, nello scorrere della visione che brucia istanti di vita: luogo senza confini in cui i corpi ci sfuggono immersi nella luminosità accecante della materia cinema.


Non possiamo che guardare (la danza di) questi corpi in silenzio. Sfiorare con gli occhi i loro incarnati, la loro consistenza, la loro lontananza. Seguire il ritmo, l'onda, la curva del loro completarsi. Essere tra due corpi che si incontrano, che reclamano di essere toccati, di essere premuti con le mani, di non essere lasciati andare, mentre il tempo ci batte al polso e ci ridona all'esistenza.


E' in questo filmare il corpo come soglia, accesso e uscita, il senso del cinema di Michael Mann. E nella chiusa drammatica del film lo sguardo perso dei due amanti mentre si allontanano è il segno di un uscire fuori di sé. I loro corpi sono già nel nostro sguardo e nelle nostre parole scritte che li trasportano oltre sé, nel mondo, per farli vivere ancora. Mann ci fa sentire così l'oscura dolcezza dell'incanto di essere in quei passaggi che permettono di penetrare l'intimità di due corpi che si cercano.


E intanto di fronte a queste immagini il nostro sguardo si ricorda di essere stato partecipe di un altro incontro, di aver sfiorato due mani che si toccavano, che ancora si toccano, ad occhi chiusi/aperti: quello tra Robert Ryan e Ida Lupino nella struggente sequenza finale di Neve rossa di Nicholas Ray. Incontro come testimonianza di un'esistenza. Come desiderio di essere corpo amato/amante. Per Nicholas Ray, come per Michael Mann, si tratta di esprimere l'incontenibile volontà di filmare l'incontro tra due corpi. Tra noi e loro non ci sono più immagini ma solo il desiderio di capire l'incontro di quei corpi e dei loro sguardi, incontrandoli.


Ecco: Miami vice, come Neve rossa, è l'incontro di corpi sospesi in una temporalità perennemente in atto, laddove non sembra più possibile coniugare passato, presente e futuro. Meraviglioso e ossessivo ripetersi del tempo, nel suo stesso fluire, in due corpi che si sovrappongo e si toccano, si guardano e si amano, si desiderano e si allontanano. Corpi non più trasparenti, ma cercati nella loro concretezza, nelle loro mancanze, nelle loro passioni, nella loro aspirazione ad essere salvati. Ricordando John Berger: "… il corpo desiderato, sfolgorante come un'apparizione, invita ad andare oltre – non attraverso un gesto di provocazione, bensì attraverso la nuda realtà della sua capacità di sentire, e promette l'universo che sta sotto la sua pelle", invitandoci a partire.

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