VENEZIA 62 – "The Constant Gardener" di Fernando Meirelles (Concorso)

Meirelles sa girare ma il suo cinema rasenta l'esibizionismo. Quei difetti emersi in "City of God" alla fine si amplificano. La pellicola riesce anche a reggere due ore con un ritmo frenetico. Ma si ha l'impressione che sia più la forza del romanzo piuttosto che i frequenti stacchi di montaggio o l'irruenza dello sguardo del regista a crearlo.

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Dentro l'inferno. The Constant Gardner è un'opera irruenta che spinge verso quei meandri profondi propri della scrittura di John Le Carré. Già autori come McTiernan (Caccia aottobre rosso) e Boorman (Il sarto di Panama) si erano confrontati con le opere del romanziere in cui però poi, in maniera diversa, emergeva il loro cinema. E la stessa cosa accade anche al brasiliano Fernando Meirelles, cineasta che si era fatto conoscere nel 2002 con Cidade de deus ma che ha già alle spalle un solido passato di regista televisivo e la cui casa di produzione, la O2 Filmes, è diventata in pochi anni la più grande in Brasile.

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The Constant Gardner – dove il romanzo di Le Carré da cui è tratto è edito in Italia da Mondadori con il titolo Il giardiniere tenace – è ambientato prevalentemente in Kenya dove Tessa (Rachel Weisz) viene trovata morta dopo essere stata brutalmente assassinata. La donna aveva raccolto infatti delle prove contro una multinazionale farmaceutica accusata di sfruttare i cittadini africani più poveri come cavie per sperimentare il medicinale. Il marito, Justin Quayle (Ralph Fiennes), diplomatico britannico inizia ad indagare sull'omicidio e scopre che ci sono coinvolte anche persone insospettabili che gli erano state sempre vicine.


The Constant Gardner si apre con l'immagine dell'ultimo incontro tra Tessa e Justin. La donna sta per prendere un aereo. I personaggi sono inizialmente in controluce e solo successivamente si rivelano le loro identità. Su questi chiaroscuri, su questi contrasti luci/ombra è spesso caratterizzao il film di Meirelles, che attraversa i paesaggi africani o gli interno con uno stile dirompente, come se la macchina da presa, in continuo movimento, fosse sempre sul punto di scontrarsi con le figure e gli spazi. Si ha come l'impressione che il cineasta brasiliano voglia imporsi sia sulla scrittura di Le Carré sia sulla sceneggiatura scritta da Jeffrey Caine, ma alla fine dentro The Constant Gardner è sempre la struttura della spy-story che prevale. Certamente Meirelles sa girare ma il suo cinema rasenta l'esibizionismo. Quei difetti che erano già emersi in City of God alla fine si amplificano. E' chiaro che la pellicola riesce a reggere due ore con un ritmo frenetico, senza soste. Ma si ha l'impressione che sia più la forza del romanzo piuttosto che i frequenti stacchi di montaggio o l'irruenza dello sguardo di Meirelles a crearlo. Peccato, perché alle spalle c'era una bella storia e un cast in forma, in particolare Ralph Fiennes e Rachel Weisz, personaggi autenticamente allucinati. Ma il lavoro che ha fatto Meirelles con The Constant Gardner appare molto simile a quello fatto da Inarritu per 21 grammi, esempi dove, per imporre il proprio cinema giocando su frammentazioni, salti temporali, inquadrature distorte, si rischia di sfasciare tutto.

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