18/3/2005 – Cinema italiano a rischio sparizione per Felice Laudadio

Sì al tax shelter, no al product placement: e una frecciata al cinema di serie B

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"Quanto potremo reggere ancora, prima di crollare al 7-8% della quota di mercato? Rischiamo di vedere verificarsi in Italia quello che è accaduto anni fa in Germania, dove la cinematografia nazionale ha subito danni irreversibili scendendo ad appena il 5%". Felice Laudadio, direttore della Casa del Cinema di Roma, di EuropaCinema e del Taormina Bnl Film Festival, si dichiara molto preoccupato per il futuro. "Non si può pensare ad un'industria – sostiene sul Giornale dello spettacolo – che vive in attesa di una dozzina di film di Benigni, Aldo, Giovanni e Giacomo e Pieraccioni".
Per Laudadio la situazione di crisi "non riguarda solo il cinema o il teatro, ma tutta la cultura. I danni di questa situazione colpiscono tutti e in particolare l'occupazione dove le prospettive sono nere". I tagli finanziari allo spettacolo sono stati fatti perché: "le ragioni del ministro della Cultura sono state schiacciate da quelle del ministro dell'Economia. In passato questo poteva accadere, ma si era sempre riusciti a salvaguardare la cultura. Oggi non è così".
Una "bufala", così Laudadio definisce la nuova legge cinema "che non a caso ha vissuto un grande ritardo nella sua applicazione. In realtà, la crisi della produzione servirà solo a lasciare più spazi al cinema americano. Del resto, da una grande quantità di film escono gli autori, da pochi film prodotti non esce nulla. Tra un po' sarà impossibile dare perfino i premi al cinema italiano". Una soluzione a questo stato di cose può venire dal tax shelter: "detassare gli investimenti culturali non significa far pagare meno tasse, ma solo poter investire queste cifre nella cultura e negli spettacoli. Il tax shelter c'è per il restauro delle opere d'arte, ma non per il cinema". Invece, il product placement è "uno stratagemma che porta benefici marginali. Il cinema, al momento, non è sufficientemente credibile per la grande industria".
Anche per i festival di cinema, secondo Laudadio, la situazione non è rosea: "sono stati massacrati. Era lecito attendersi che lo Stato facesse un po' di ordine. Manifestazioni dalla tematica simile dovevano essere accorpate. Investire di più su un solo evento è anche utile, rispetto ai finanziamenti a pioggia. Un criterio doloroso, ma necessario e accettabile. Poi ti trovi, però, un'iniziativa come quella del festival del cinema indiano di Ischia, costata verosimilmente intorno ai cinquecentomila euro, e ti domandi perché l'Italia dovrebbe sostenere un'idea del genere per film che da noi non vengono nemmeno distribuiti. Questi sono sprechi senza senso, che denunciano una politica slabbrata. E che dire del Festival di Venezia? Se la più grande manifestazione di cinema in Italia si permette, alla prima edizione del nuovo direttore, di promuovere il cinema di serie B e C italiano, vuole dire che abbiamo sbagliato tutto. In tanti anni, non ho mai visto un'assenza così marcata della figura del ministro della Cultura".

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