CANNES 58 – "Broken Flowers", di Jim Jarmusch (Concorso)

Road-movie, giallo e commedia che s'incrociano con il mito di Don Giovanni. Quello di Jarmusch è sempre un cinema depurato ma stavolta non dispersivo, che apre vibranti flash sul passato. Uno dei film più belli del concorso e il film migliore di Jarmusch con un'interpretazione indefinibile per quanto è grandiosa di Bill Murray

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Il mito di Don Giovanni. Dedicato a Jean Eustache, anche Broken Flowers, come La maman et la putain, appare come un devastante film sull'incomunicabilità tra i due sessi. Eustache consumava straordinariamente i personaggi, Jarmusch invece li tiene sempre sospesi, ne ritarda gli atti ma poi gli regala un respiro assoluto e coinvolgente. Protagonista del film è Don Johnston, un single incallito che sta per essere abbandonato da Sherry (Julie Delpy), la sua ultima conquista. Si decide così che deve vivere da solo. Un giorno però scopre, da una misteriosa lettera anonima, che ha un figlio di 19 anni che si è messo in viaggio per cercarlo. Don allora viene così convinto dal suo migliore amico Winston (Jeffrey Wright) di cercare la donna con la quale può aver concepito il ragazzo.

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Quello di Broken Flowers appare come un viaggio intensissimo dentro i generi del cinema statunitense: il road-movie soprattutto, ma anche una commistione tra il giallo e la commedia. La strada diventa il segno però di una materializzazione del passato, rivissuto istantaneamente attraverso le figure di Laura (Sharon Stone), Dora (Frances Conroy), Carmen (Jessica Lange) e Penny (un irriconoscibile Tilda Swinton). Dentro Broken Flowers sono presenti momenti di irresistibile comicità come nella scena in cui Don si trova a tavola con Dora e il marito e mangia a fatica le carote nel piatto, oppure quando si trova a casa di Laura e, mentre è in attesa della sua ex-donna, la figlia Lolita gira nuda per casa o infine nel dialogo tra lui e il gatto quando va a trovare Carmen. Forse Jarmusch, molto più che in opere precedenti, riesce a mantenere dentro i piani fissi o in quei movimenti rallentati, un cinema sempre depurato dove però stavolta non si disperde dietro il dialogo – la sceneggiatura è scritta dallo stesso Jarmusch – ma che trattiene gli stadi d'animo del presente e apre squarci sul passato, che insiste sul dettaglio (Don, in effetti è proprio un diminutivo di Don Giovanni e il protagonista sta vedendo un film sul celebre seduttore mentre Sherry lo sta lasciando) e soprattutto filma la seduzione con una grazia e una potenza erotica che non si era mai vista nel suo cinema. Ci sono dei flash di Don in cui ripensa alle sue ex-donne che ha recentemente rivisto ma al tempo stesso ritornano anche frammenti di sguardi soggettivi che diventano flash abbaglianti, come le gambe della hostess che sta facendo le parole crociate in aeroporto. Bill Murray appare quasi la reincarnazione di Charles Denner di L'uomo che amava le donne di Truffaut. Mentre quest'ultimo era più dinamico, Don invece appare inizialmente fermo e sembra che subisca gli eventi più che provocarli. Ma il suo sguardo è continuamente mobile e rappresenta quasi un'angolazione visiva parallela a quello di Jarmusch, forse anche grazie a un'interpretazione grandiosa di Bill Murray (i due avevano lavorato insieme nell'episodio Delirium di Coffee & Cigarettes), un attore capace di trainarsi i film da solo e a cui Jarmusch ci si è pienamente affidato soprattutto in quell'intensissimo finale con Don che insegue il ragazzo che crede essere suo figlio dopo averlo incrociato per diverse volte.  Uno dei film più belli del concorso e il film migliore di Jarmusch.

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