"I Love Shopping", di P. J. Hogan

Isla Fisher in I Love Shopping

Davanti alla crisi, Jerry Bruckheimer avrà preteso che la sua eroina facesse ammenda, diventando un esempio virtuoso per i consumatori americani. La sua conversione è però l'unica nota fuori posto del film, che Hogan riesce a condurre attraverso i suoi desideri, e la sua costruzione di un ingenuo mondo di favola in cui esistono solo oggetti da comprare, e il denaro non è (quasi) mai un problema.

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Isla Fisher in I Love Shopping"Come farai a pagare un debito di 16.100 dollari?"
"Magari vincerò la lotteria!"

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Con queste parole Becky minimizza con ingenuità la mostruosa cifra del suo debito, accumulato con una decina di carte di credito, e il pericolo di una lunga lista di scagnozzi del recupero crediti alle calcagna. L'unica nota fuori posto del film di P. J. Hogan è il suo forzato legame con l'attualità: il ciclo di popolari best-seller di Sophie Kinsella si sposta da Londra a New York, e la ragazza fa parte (insieme ai dirigenti di banca: il film non manca di bacchettare anche loro) di quella categoria che ha affossato l'economia americana: quelli che spendono più di quello che guadagnano. Così, il trattamento cinematografico di I Love Shopping cerca di fare una tardiva ammenda, come se si sentisse in obbligo di mostrare del pudore verso i nuovi disoccupati americani: Jerry Bruckheimer avrà pur capito che guardare con occhio ammiccante ad una compratrice compulsiva di oggetti del tutto inutili (per lo più accessori di abbigliamento) avrebbe scatenato l'ira degli spettatori, ed ha così cercato di stigmatizzarne i comportamenti con aggiustamenti (l'esempio della madre e del padre: razza in via d'estinzione di risparmiatori) non necessari. Il momento davvero sbagliato del film è quello della conversione di Becky e dell'asta dei suoi vestiti presso la sede degli anonymous shopaholic: persino Hogan la gira senza il brio che l'ha guidato per tutto il film, anche perchè non c'è motivo di credere che la disintossicazione possa avere effetti duraturi, visto che ogni dettaglio ci ha spinto ad accettarla con generosa indulgenza. Come se Carrie Bradshaw si vergognasse del suo sfarzoso guardaroba, come se Sex and the City venisse aggiornato alla crisi dei mutui. I Love Shopping funziona molto di più come commedia brillante, abilmente dosata tra romance ed affetti, con il regista sempre in grado di inventare soluzioni nuove per descrivere la sua tossicodipendenza. Centra soprattutto il tono fiabesco dell'intreccio (l'introduzione, con gli occhi di Becky bambina che ammirano fantastiche donne acquistare vestiti da sogno: “Quelle splendide ragazze non avevano nemmeno bisogno dei soldi, ma avevano tutte una carta magica…”): talIsla Fisher in I Love Shoppinge non solo per le promesse di successo legate alla sua corsa all'acquisto, ma soprattutto per le giustificazioni, le bugie e gli alibi che lei si crea, che necessitano di un mondo parallelo per essere coerenti. Un mondo infantile in cui le cose si comprano come se il denaro non esistesse. Le sue vicende sono ambientate nella New York della Fifth Avenue, scintillante e solare, in cui Isla Fisher passeggia con lo stesso stupore ingenuo di Amy Adams in Come d'incanto, tra le vetrine delle grandi firme e i dialoghi muti con i manichini, e Hogan adotta una superficialità che è in tinta con i suoi abiti color pastello e il suo carattere, sa mostrare le cose con il suo sguardo e con i suoi desideri, ed è capace di essere caustico senza essere accusatorio, come nella riuscita e crudele sequenza dei saldi, e della lotta per i pacchiani stivali di Gucci.

Titolo originale: Confessions of a Shopaholic

Regia: P. J. Hogan

Interpreti: Isla Fisher, Hugh Dancy, Krysten Ritter, Stephen Guarino, Joan Cusack, John Goodman, Kristin Scott-Thomas
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Italia
Durata: 104'

Origine: Usa, 2008 

 

 

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