John Hughes, Can't Buy Me Love


E' forte la tentazione di vedere John Hughes come una delle tante meteore degli anni ottanta. Il suo cinema è però troppo consapevole, e ha lasciato troppe tracce per essere liquidato così in fretta. E' il primo che trovò la chiave per le paure e le speranze degli adolescenti della sua epoca: l'amore come unico modo per cercare di sfuggire ad un destino inevitabile, quello di diventare come i propri genitori. Un tentativo quasi disperato, e il più delle volte doloroso.

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L'ho già detto prima e lo dico ancora:
la vita scappa via in fretta,
se uno non si ferma e non si guarda intorno,
rischia di sprecarla.

(Ferris Bueller, Una pazza giornata di vacanza)

 

Sarebbe riduttivo considerare John Hughes solo come una meteora. Una volta analizzato in modo più approfondito, il suo cinema rivela sia un saldo legame con il passato, sia un seguito riconoscibile in molti successori che, inconsapevolmente o meno, ne hanno seguito le orme: in ogni caso, rappresentano radici e modelli che impediscono di liquidarlo come un fenomeno estemporaneo e casuale. Anche se poi la tentazione è forte, dal momento che il picco della sua carriera si concentra in pochi anni, dal 1984 al 1987, e in appena sei film: Un compleanno da ricordare, The Breakfast Club, La donna esplosiva, Bella in rosa, Un meraviglioso batticuore, Una pazza giornata di vacanza. Un corpus che scopre da subito una personalità cinematografica versatile e sfaccettata, che si occupa indifferentemente della regia, della sceneggiatura e della produzione: tanto che spesso la firma sui suoi film è quella di Howard Deutch, in un tentativo di relegare la messa in scena in una posizione subalterna rispetto alla scrittura. Perchè il campo in cui Hughes ha dettato legge è stato proprio quello dello screenwriting, e la struttura dei suoi film è spesso tanto calcolata da raggiungere vette quasi perfette: come nel caso di The Breakfast Club, esempio che arriva a sfiorare le tre unità aristoteliche, con i protagonisti chiusi nella biblioteca del loro liceo per tutto il film. Il legame più diretto che avvicina Hughes ad esperienze già tentate è quello con l'American International Pictures di Samuel Arkoff e Jim Nicholson, che alla fine degli anni cinquanta definì i termini dei beach movies e della commedia giovanile. La differenza sta nel fatto che mentre Arkoff riteneva che il suo pubblico fosse composto da “adolescenti masticatori di chewing-gum che vogliono solo togliersi dai piedi dei genitori un venerdì o un sabato sera”, l'impressione che si ha vedendo i film di Hughes – che in ogni caso ha sempre tenuto in grande considerazione la componente commerciale delle sue produzioni – è che avesse davvero a cuore il destino dei suoi eroi, e fosse sinceramente vicino alle paure e alle ambizioni del suo target. Un'aderenza resa evidente sin dai primi fotogrammi di Un compleanno da ricordare, nel momento in cui Molly Ringwald si guarda allo specchio e cerca con insistenza una traccia delle tette che non vogliono uscire fuori, l'unico regalo che avrebbe voluto per i suoi sedici anni. O nell'abilità in cui è riuscito a rintracciare i temi centrali ed universali che si agitano dietro al passaggio dall'infanzia verso l'età adulta: l'incomunicabilità con gli affetti più cari, il terrore di non poter essere capiti. Il suo talento più grande è stato però quello di aver ribaltato il clichè del romance tra teen-ager. Tanto che i suoi lieti fine non sono mai del tutto risolutivi, e i baci che spesso chiudono i suoi film non hanno quella funzione catartica che dovrebbero avere. E' uno spostamento di prospettiva reso esemplare da una sequenza di Un meraviglioso batticuore: Eric Stoltz e Lea Thompson si stanno per dichiarare sul palco dell'Hollywood Bowl deserto, in una notte che è come un sogno ad occhi aperti sia per lui che per lei. Lo sguardo che vede la scena è però quello di Mary Stuart Masterson, talmente innamorata di Soltz da non averglielo mai nemmeno detto, ed i suoi sono occhi (e di riflesso i nostri) colmi di pianto e di rassegnazione. Gli stessi con cui Jon Cryer in Bella in rosa vede uscire insieme Molly Ringwald e Andrew McCarthy, e scopre che suo malgrado che la bella e il ricco sono veramente fatti l'uno per l'altra, e non può fare altro che arrendersi al dolore e alla scoperta che l'amore ferisce. Al contrario di molti altri film che possono essere assimilati a Hughes, nei suoi si ribalta l'idea hollywoodiana che basti amare per essere amati. Se non c'è questo sguardo esterno a vedere le unioni che sorgono nei suoi film, c'è sempre presente lo specchio dei genitori, quelle famiglie hughesiane che sono sempre dilaniate, distanti dai propri figli e dai loro problemi, proiezione compiuta delle loro disillusioni. Resta in loro la percezione che l'amore è solo una tappa transitoria verso un destino inevitabile, quello di diventare come i parenti che odiano o che gli sono estranei (“Quando si cresce, il cuore muore” afferma Ally Sheedy in The Breakfast Club). Senza arrivare al caso estremo del preside, figura suprema di un'autorità che Hughes ama sbeffeggiare (la galleria comprende quello di The Breakfast Club e il fantastico Jeffrey Jones di Una pazza giornata di vacanza), gli adulti spesso non si vedono, lasciano le loro villette suburbane ai loro figli, e quando non sono assenti, si scambiano i ruoli con i propri figli, come l'Henry Dean Stanton di Bella in rosa, bisognoso dell'affetto della figlia molto più di quanto lei abbia necessità del suo. Il percorso si compie – passando per quella fantastica allegoria delle pulsioni sessuali della pubertà che è La donna esplosiva – fino ad Una pazza giornata di vacanza, in cui Hughes tratteggia il personaggio di Ferris Bueller, il figlio dell'edonismo degli anni ottanta, eppure già diverso dai suoi caratteri abituali: Matthew Broderick sta per andare al college, ed è già cresciuto. Ha ancora l'entusiasmo di irridere le istituzioni (potrebbe dedicarsi all'ultraviolenza, ma è troppo impegnato a godersi i vantaggi del suo benessere), ma ha già acquisito il loro cinismo: è già come i suoi genitori, come il preside, e se li batte è perchè rispetto a loro ha il vantaggio della sorpresa, la carta di spacciarsi ancora come un bambino. E invece, ha già capito come tutto si possa comprare, e come il potere e l'apparenza contino molto più che l'onestà. In seguito, il cinema di Hughes si legherà a forme ugualmente riuscite di comicità, ma certamente più tradizionali e meno riconoscibili come sue. Se è possibile trovare dei successori, vanno ricercati nell'assoluta ordinarietà e nel situazionismo di alcune creature apatowiane. E' infatti strano che Hughes sia venuto a mancare proprio in una stagione in cui Hollywood ha iniziato a sfornare commedie che si rifanno dichiaratamente alle sue atmosfere e al suo indefinibile senso di malinconia: Nick & Norah's Infinite Playlist, I love you Beth Cooper, e Adventureland

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