PROFILI – Thelma Schoonmaker, il montaggio scatenato

Era il 1961 quando la montatrice americana conobbe Scorsese: era una giovane studentessa, e non pensava certo di vincere, un giorno, un premio Oscar. Creare il ritmo, produrre il senso, esprimere lo stile di un film, può essere una questione di sintonia. E di umiltà.

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Immaginate la scena: le riprese sono finite, i tecnici vanno a casa, le star continuano a fare le star, mentre Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker si mettono al lavoro nella sala di montaggio. Nessun altro, oltre a loro; nessun assistente a fare il lavoro "sporco", nessun produttore a spingere il film da una parte o dall'altra. Solo due amici, che si conoscono dai tempi della scuola di cinema a New York, nel 1961: sei settimane di corso, in piena estate, in cui Scorsese, con la sua passione quasi infantile, trasmise il proprio amore verso il cinema alla coetanea Thelma (lui aveva diciannove anni, lei ventuno).
Lei, in effetti, si era laureata in Scienze Politiche ed aveva intenzione di intraprendere la carriera diplomatica, forse sentendola vicina alla sua natura di "senza terra": era nata in Algeria e cresciuta in un'isola dei Caraibi. Casualmente, invece, aveva risposto ad un annuncio sul New York Times col quale si offriva un corso di formazione per assistente alla regia in una serie di lezioni "on the job". New York, anni '60, l'esplosione della pop art, la fusione delle arti in sinergie singolari, mai sperimentate in precedenza: l'esperienza si rivelò emozionante, per la giovane Thelma, che pensò allora di proseguire sulla stessa strada; per cui ecco il corso estivo, ed ecco quell'italoamericano con gli occhi pieni di film…
Pochi anni dopo, tra il 1967 e il 1968, Scorsese – che aveva alle spalle già alcuni corti – pensò alla Schoonmaker per il montaggio di Chi sta bussando alla mia porta?, il suo primo lungometraggio, del quale esistevano già due versioni del 1965 e del 1967; ed era il primo lungo anche per Thelma, perlomeno il primo in cui lavorasse da sola. Sola per modo di dire: con questo film, Scorsese e la Schoonmaker fecero le prove generali di quello che sarebbe diventato un vero e proprio sodalizio artistico a partire dal 1980, con Toro scatenato; un legame grazie al quale Scorsese – che iniziò come montatore – accostava il suo sguardo "d'autore" alla visione più razionale della Schoonmaker: uno a fianco dell'altra, per creare il senso del film, per definirne il ritmo, ma prima di tutto per capire se il film "funziona".

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Prima però la Schoonmaker, che ricordiamo essere stata affascinata dal clima di fermento culturale della East Coast, aveva partecipato al progetto Woodstock, documentario sul grande concerto iniziato il 21 agosto del '69 e trasformatosi in uno degli avvenimenti che più hanno segnato l'immaginario di intere generazioni, americane e non; curandone il montaggio, con l'assistenza – tra gli altri – di Martin Scorsese, la Schoonmaker contribuì in maniera determinante alla vittoria dell'Oscar per il miglior documentario del 1970, e fu gratificata dalla sua prima nomination.
L'esperienza del montaggio di documentari – ripetutasi tra l'altro con Street Scenes dello stesso Scorsese e con la testimonianza filmata della tourneé di Paul McCartney Wings over the world, nel 1979 – a detta della stessa montatrice le sarebbe tornata molto utile più tardi, quando avrebbe aiutato Scorsese a mettere insieme le immagini girate fuori copione: quelle in cui gli attori – stimolati dal regista com'è nel suo stile – avrebbero dato sfogo alle loro capacità d'improvvisare, rendendo imprevedibili le esigenze di costruzione delle inquadrature.
La montatrice era al fianco di Martin – nonostante non appaia accreditata – anche in uno dei suoi capolavori assoluti, Taxi driver. Ma fu con Toro Scatenato, grazie al quale portò a casa un premio Oscar (insieme a De Niro), che la Schoonmaker iniziò un percorso artistico che l'avrebbe vista a fianco di Scorsese in tutti i suoi film – perfino nei pochi minuti del video della canzone Bad di Michael Jackson – fino ad oggi, con Gangs of New York.

La Schoonmaker deve a Scorsese e alla sua nota cinefilia perfino il matrimonio; una scelta che non aveva mai interessato una donna che si definisce workaholic, cioè "maniaca del lavoro". Grande ammiratore della coppia Powell-Pressburger, dopo Taxi driver Scorsese infatti si recò a Londra per incontrare Michael Powell: e pensare che lo aveva creduto già morto, come per morto cinematograficamente lo dava la critica/il mercato che quindici anni prima non gli aveva perdonato L'occhio che uccide. Fu quella un'occasione che gli consentì di rimanere in contatto con uno dei registi che più ammirava, e di presentarlo poi alla sua "fiduciaria" Thelma: pochi anni dopo, incassato l'Oscar per Toro scatenato, Thelma Schoonmaker e Michael Powell iniziarono una storia, poi nel 1984 venne il matrimonio: un legame durato dieci anni, che la montatrice ha definito "fantastici", e che si concluse nel 1990 a causa della morte di Powell, di trentacinque anni più anziano di lei.
Thelma Schoonmaker e Martin Scorsese hanno condiviso gli onori – le nomination, gli Oscar, le ovazioni della critica – come i momenti bui – le polemiche, le incomprensioni del pubblico, i fiaschi. Dalle (poche) interviste rilasciate, traspare il fatto che il suo legame con Scorsese abbia significato ben più di un positivo rapporto di lavoro e molto più di un semplice rapporto di amicizia; l'ammirazione con cui la montatrice descrive le capacità di Scorsese, la passione per il suo mestiere, assieme all'estrema umiltà con la quale essa stessa considera il proprio talento e la fiducia che il regista italoamericano ripone in lei, fanno pensare ad un abbinamento particolare, un caso in cui l'unione delle parti supera di molto la loro somma.

Parola di Thelma…


Solo loro due, in sala di montaggio
"Non abbiamo assistenti. Marty ha bisogno di controllo e di concentrazione."
"Molti montatori si infastidiscono tantissimo quando i registi con cui lavorano entrano in sala di montaggio con loro […] A Marty piace consultarmi su come le cose dovrebbero essere fatte, poi si siede da parte e legge; oppure guarda mentre lavoro, dopodiché riguardiamo tutto assieme."
"Marty preferirebbe morire piuttosto che permettere a qualcuno di compromettere la sua arte. E tu ti senti protetta da uno fatto così. […] Ci sono tanti montatori che passano la maggior parte del tempo contrattando con i produttori, che vorrebbero che il film fosse fatto in un modo oppure in un altro…"


"Funziona?"
"Quando abbiamo ottenuto il 'first cut', che rappresenta ciò che lui voleva (Scorsese disegna in precedenza tutte le storyboard, per cui ha già in mente un abbozzo di montaggio – ndr), allora ci sediamo, lo guardiamo, e diciamo: be', non funziona, forse possiamo farlo in un altro modo. Così tendo ad essere sempre più coinvolta man mano che affiniamo il lavoro. Perché la tensione maggiore, per Marty, è sapere se il film funziona."


Questione di sintonia. E di umiltà.
"Imparo molto dalla sua esperienza (di Scorsese – ndr) e dalla sua maturazione nel corso degli anni. Il mio stile di montaggio in effetti è il suo. Mi ha insegnato tutto, e lavoriamo insieme da così tanto tempo che ormai in sala di montaggio siamo una sola persona."


Dei documentari
"A volte bisogna creare il ritmo di una scena non prevista dalla sceneggiatura, cercando di mantenere il più possibile dei grandi momenti che Marty e gli attori riescono a creare […] [In Toro scatenato] la scena in cui Joey deve convincere Jake a combattere con Janiro fu veramente difficile da montare. Marty poteva usare solo una cinepresa nella minuscola cucina usata su quel set del Bronx. Per cui se Pesci partiva per la tangente, non c'era la cinepresa di riscontro per registrare la reazione di De Niro. Ed entrambi se ne uscivano con cose terribilmente divertenti o comunque emozionanti. […] E quelli sono i momenti in cui il mio background nei documentari entra in gioco. Ero abituata a creare una struttura per materiali slegati tra loro, ed era una grande sfida fare in modo che tutto quel meraviglioso materiale funzionasse. Era dura, ma che gioia!"


Su Michael Powell
"E' durato dieci anni, tutto lì, ma fu fantastico. Non avrei mai pensato di sposarmi: sono una maniaca del lavoro. Ci sposammo in un momento di follia. Michael era così vivo, non sprecava un attimo."
"Michael era sempre terrorizzato del fatto che Marty stesse accanto a me in sala di montaggio, perché lui lavorava in maniera davvero diversa […] Non accettò mai il metodo di Marty, cosa che era molto dolorosa per Marty stesso, che lo adorava…"


Risate…
"La commedia è molto difficile, specialmente nel montaggio. Ma noi ridiamo molto spesso: ridemmo tantissimo in Toro scatenato, ridemmo tantissimo in Cape Fear, ridemmo ancora di più in Quei bravi ragazzi: specialmente quando facevano cose terribili, tipo ammazzare la gente…"

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