Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati pure: addio a Joao Cesar Monteiro

Monteiro. Lo sentivi come un compagno di viaggio. Uno che era sempre in grado di farti sussultare sulla poltrona. Uno che non dava niente per scontato e che pure ti faceva ridere da pazzi. Un folletto di mercurio danzante sui seni e glutei di fanciulle in fiore nel farsi del mondo e del sogno di un cinema da rifare in continuazione…

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Capita che all'improvviso ti senti più solo, ma non perché vengono a mancare i generali in grado di combattere al posto tuo, quelli che ti dicono quelli che devi pensare o fare.
Ti senti solo perché ti senti privato di una vita, di un'intelligenza, di una forza. Joao Cesar Monteiro era una misteriosa figura di agitatore culturale, di mistico materialista, sospeso tra furenti ascesi carnali e illuminazioni estatiche degne di un anacoreta.
Monteiro, per suo e nostra fortuna, mentre sognava il cinema più forte del mondo, quello più violento, politico, erotico, non si dimenticava di vivere (e quante magnifiche leggende sul suo conto! Che storie! …). E veniva da sorridere mentre lo vedevi sgambettare a Cannes sulla Croisette anziano e priapico gentiluomo premoderno, integerrimo rivoluzionario e (de)pensatore di mille pericoli. La sua aria charmante, lontana, come un fratello da un altro pianeta, la sua ironia e la sua voce flautata, a fil di labbra che ti faceva poi smadonnare da pazzi al momento di sbobinare la chiacchierata.
Sempre a Cannes, dopo una serie di mancati appuntamenti, con Monteiro che sembrava quasi voler evitare la nostra intervista,  finalmente ci parliamo in un caffè. E lui, gentile, distaccato, aristocratico, mette in scena un altro (micro)episodio delle gesta di Joao De Deus. Evitava le domande sul cinema politico. «Sono un regista io, non metto bombe», proprio come Fassbinder.
E poi, Rossellini, Murnau… E di fronte alla cortese elusività delle risposte, quasi come se non si fidasse del tutto, di fronte alla sua eleganza decurtisiana, la percezione netta che corpo e cinema coincidono sempre, non possono fare altrimenti. «E le scene di sesso?», chiediamo sfrontati, perché quelle de Le nozze di Dio sono magnifiche. «È tutta finzione», risponde disarmante come spaventato che cinema e vita coincidessero troppo.  
Ma noi non volevamo sapere se erano vere… volevamo sapere com'era possibile fare del cinema così… bello… ma è/era una domanda stupida e Monteiro ha fatto bene a evaderla.
E poi Venezia, il suo ultimo capolavoro tratto da Walser, tutto su schermo nero, un sogno oltre Debord, sfregiato da sottotitoli elettronici color arancione e con il proiezionista, che siccome il film è tutto nero, chissenefrega!, non si premura della messa a fuoco, cosa che appare evidente quando compaiono quei pochi squarci di cielo che screziano il film…
E ancora (sempre Venezia): L'ultimo tuffo, con il pubblico che fischia convinto perché non capisce che il ballo che stiamo rivedendo è una soggettiva acustica di una sorda…

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Monteiro: dentro al cinema sino al midollo eppure straordinariamente fuori, oltre il cinema, contro il cinema… sempre altro… ma politico, poetico sino allo stremo.
Come monsieur Hulot, come uno scarabocchio di Jarry, come una musichetta impertinente di Satie ma anche un feroce ghigno sadiano, perché non bisogna mai abbassare la guardia. E pensate che Carmelo Bene, che odiava, a ragione, il cinema, ammetteva che quello di Monteiro non lo era… era altro… e vallo a definire questo altro. Non si può.
Monteiro. Lo sentivi come un compagno di viaggio. Uno che era sempre in grado di farti sussultare sulla poltrona. Uno che non dava niente per scontato e che pure ti faceva ridere da pazzi. Un folletto di mercurio danzante sui seni e glutei di fanciulle in fiore nel farsi del mondo e del sogno di un cinema da rifare in continuazione… E noi testimoni attoniti di questa danza. Che ghignavamo perché Joao fregò la commissione di Venezia raccontando di aver apportato i tagli a La commedia di Dio per far rientrare il festival nei palinsesti del film e invece non era vero e tutto sballava… e Pontecorvo s'incazzava e i programmi dei festivalieri di professione zompavano… Grazie Joao! Era un bel vivere saperti in giro a combinare guai anche se non avrei mai osato portarti a casa, scusami… E poi i tuoi folgoranti calembour, i tuoi aforismi…

Ormai il cinema sono sempre di meno. Resiste ancora Straub, de Oliveira, Bressane, Rocha… qualcun altro, senz'altro Hou Hsiao-hsien, Garrell e poi fate voi…

Di Monteiro non mi interessa nulla. M'interessa solo quello che Monteiro ha fatto di me.

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