Ray Harryhausen: Fuori dal tempo

Ray Harryhausen e Medusa

Scompare il mago degli effetti speciali in stop-motion: ricordarlo equivale tornare ancora una volta a confrontarsi con la particolarissima miscela di un cinema che era già classico quando ancora rappresentava la novità, e per questo non è mai apparso nostalgico, ma sempre fieramente cosciente delle proprie possibilità

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Ray Harryhausen e MedusaPensare a Ray Harryhausen equivale innanzitutto a ricordare la sua amicizia di una vita con Ray Bradbury e Forrest J. Ackerman, che lo hanno anticipato di poco anche nella scomparsa: perché vederli insieme significava avere di fronte la testimonianza oggettiva di come un affetto, una condivisione d'intenti, un entusiasmo, possano nutrirsi di se stessi al di là delle facili nostalgie. Ecco, l'aspetto più bello di quell'amicizia era proprio questa capacità di ravvivare continuamente il ricordo per gli argomenti amati (fossero il cult generazionale King Kong, la sci-fi o i dinosauri) senza ammantarlo di quell'aria elegiaca da tempo perduto tipico dei ragionamenti nostalgici più sterili. Piuttosto il loro era il divertimento di tre eterni adolescenti che traevano linfa vitale dal reciproco amore.

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E' la stessa dinamica che ha sempre mosso noi appassionati e spettatori rispetto all'opera tutta dell'Harryhausen cineasta. Perché il suo era un cinema ben radicato in un periodo storico definito, che potremmo perciò facilmente chiamare datato: un cinema che oggi, giustamente, tutti hanno definito analogico o artigianale, eppure che a ogni visione rivendicava la sua freschezza, il suo sense of wonder e la sua voglia di coniugarsi al presente. Qualcosa che riusciva, insomma, ad apparire credibile, tattile, vero, ma allo stesso tempo a fare appello alla sospensione d'incredulità per il modo in cui evidenziava non tanto il fotorealismo, quanto l'evidentissimo e certosino lavoro di animazione. Verità e finzione allo stesso tempo, modernità e quasi magia per come sapeva essere completo e spettacolare, ma con quel senso di perenne forza demodé che lo rendeva classico quando ancora rappresentava la novità.

 

Dopotutto, Ray Harryhausen è stato uno dei pochi artisti che hanno avuto sempre la cognizione del proprio tempo e delle proprie possibilità, tanto da compiere il gesto (per molti aspetti rivoluzionario) di abbandonare le scene quando ancora era nel pieno delle forze, nel 1981, dopo aver compreso che il gusto stava cambiando. Ciononostante, adulti e bambini hanno poi continuato a rivolgersi alle sue visioni, alle creature fantastiche, alle scene più elaborate e a quella particolare mistura di modernità e mistero che rendeva le sue storie così speciali. "Ti portava per mano, in modo molto intelligente, dal Ray Harryhausen con Ray Bradbury e Forrest J Ackermanmondo terreno all'immaginazione più sfrenata": sono le parole che lo stesso Harryhausen usò una volta per definire King Kong, l'archetipo e il caposcuola creato dal suo maestro Willis O'Brien, ma che possono adattarsi a tutte le sue creazioni, sempre in bilico appunto fra la realtà di spazi ben definiti (New York ne Il risveglio del dinosauro, Roma in A 30 milioni di chilometri dalla Terra, Washington ne La Terra contro i dischi volanti, la Luna in Base Luna chiama Terra), il volo pindarico nell'immaginazione, dove uomini e dinosauri possono coesistere (Un milione di anni fa) e il pragmatismo del "mercato" (la piovra de Il mostro dei mari con 5 tentacoli anziché 8 perché "era un film a basso costo").

 

Un cinema dunque mai vecchio perché semplicemente fuori dal tempo, e che per questo poteva permettersi di parlare da pari a pari con la mitologia, o di trovare in essa semplicemente il proprio habitat naturale: fosse quella più evidente da Le mille e una notte (le trasposizioni di Sinbad) o, ancor più, quella del sottovalutato ibrido La vendetta di Gwangi, forse il suo film più personale e intrigante per come rielabora l'archetipo di King Kong, dona centralità alla figura del dinosauro e unisce il tutto nel background offerto dall'Ovest americano: un'autentica palingenesi, la rifondazione della frontiera, John Ford che incontra Jules Verne!

 

Pochi artisti possono quindi vantare una carriera così rispettata e una capacità di stare al mondo pur continuando a mantenere il cuore ben saldo al passato. D'altra parte non ci stupisce apprendere, dalle più tardi interviste, che insieme a King Kong, uno dei suoi film preferiti era il modernissimo Jurassic Park: l'avventura non è soltanto questione di tecnica, così come le sue creature non erano soltanto marionette mosse nel buio del laboratorio, ma segni e segnali di un amore sconfinato per l'atto della creazione, che non ha mai età.

 

 

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