Peter Gabriel: l'arcangelo del Rock

Da sempre in bilico tra atmosfere fiabesche e sonorità etniche, l’artista britannico prosegue un viaggio lungo quasi cinquant’anni, fatto di prog-rock, elettronica, world music e momenti pop, confermandosi oggi uno dei (pochi) pilastri della musica contemporanea. Ripercorriamo i momenti chiave del viaggio dell’arcangelo Gabriel

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Analizzare la carriera di Peter Gabriel è un compito tutt’altro che semplice. Tra lo studente sedicenne che inizia a comporre le prime canzoni alla scuola privata Charterhouse, e la star internazionale capace di riempire gli stadi di tutto il mondo, passa mezzo secolo di successi, di sperimentazioni e contaminazioni musicali, di Arte intesa come “ricerca” pura. Mentre non è possibile inquadrare musicalmente un artista come Peter Gabriel, è di certo l’ambizione il grande denominatore che accomuna le fasi del suo percorso. Se con i Genesis (dal 1969 al 1977) Gabriel permea di forti tinte teatrali i suoi lavori, riuscendo a realizzare delle vere e proprie suite prog-rock, è con la sorprendente carriera solista che la sua poliedricità trova massimo sfogo.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

 

Il disco d’esordio (Peter Gabriel 1 o Car – 1977) irrompe sulla scena musicale come un’imponente opera sinfonica colma di sonorità british, scandita dalla solenne Solsbury Hill. Tuttavia, riuscire a liberarsi degli ingombranti echi di Selling England By The Pound o Nursery Crime non è facile; le canzoni del primo Gabriel solista sono ancora acerbe, condizionate dall’esperienza con i Genesis. Dovremo attendere il terzo disco (Peter Gabriel 3 o Melt) e l’acclamato Security per assistere alla maturazione dell’artista, capace di innalzare un muro sonoro fatto di cori africani, cornamuse scozzesi, sonorità elettroniche e percussioni ossessive, fondendo mondi apparentemente dissonanti in un'unica coerente sinfonia. A questo proposito, i brani Biko (dedicato all’attivista sudafricano anti-apartheid ucciso nel 1977) e le percussioni di San Jacinto sintetizzano perfettamente questa continua ricerca di commistione fra le sonorità più disparate. Nel 1986 Peter Gabriel ritrova il successo internazionale, grazie a So. Con questo album, l’artista sembra mettere da parte la sperimentazione più spericolata e tornare sui binari della musica commerciale, grazie alle hit funky/soul di Big Time e Sledgehammer, senza però rinunciare mai completamente alle atmosfere tribali che hanno reso unico il suo linguaggio. 

 

Il capolavoro di Gabriel arriva nel 1989, grazie a una collaborazione con Martin Scorsese: scelto dal regista statunitense per comporre la colonna sonora del film L’ultima tentazione di Cristo, l’artista britannico realizza un’opera unica, coniugando il suo amore per l’etnico e l’elettronica con le atmosfere ambient di Brian Eno. L’intero album, ricalcando la Passione di Cristo, è un viaggio in crescendo, un’ascensione dal mondo sonoro pagano a quello cristiano. Nonostante la maggior parte dei brani siano rielaborazioni di temi kurdi, arabi, egiziani, Gabriel riesce nell’impresa di plasmare l’antico in nuovo, dando vita a una vertiginosa babele di suoni. A partire dagli anni 90, la carriera di Gabriel è oscillante: dopo aver alternato dischi intimisti e personali (Us su tutti, scritto dopo la separazione dalla moglie) a sfarzose opere rock (il disco Ovo, realizzato nel 2000), assistiamo al primo passo falso dell’arcangelo Gabriel: l’album UP (2002) è infatti l’unico lavoro discutibile nell’intera discografia del genio inglese. Se la volontà era quella di realizzare una sintesi della propria musica, il risultato è stato un insieme di canzoni che non lasciano il segno, e che ricordano debolmente i successi del passato. Dovremo aspettare il 2010 per godere di nuovo del genio di Gabriel: in quell’anno esce infatti Scratch my back, raccolta di 12 cover di vari artisti, da David Bowie ai Bon Iver, dai Radiohead agli Arcade Fire. Peter Gabriel riesce senza troppi sforzi ad assimilare brani non suoi, imprimendo in ogni canzone un'atmosfera cupa, crepuscolare; Heroes diventa teatro di un oscuro lirismo meditativo, Flume è una solenne e dolente ode all’umanità. Dopo il piccolo miracolo di Scratch my back, l’ultimo disco New Blood (2011) si limita a rileggere in chiave orchestrale i successi di sempre, senza aggiungere nulla di nuovo alla carriera dell’artista inglese. 

 

In quasi cinquant’anni la carriera di Peter Gabriel ha attraversato ogni genere musicale, prendendo svolte inaspettate e imprevedibili, ma sempre con la coerenza di chi ha in mente un progetto ben definito: fare Musica, in ogni sua declinazione e linguaggio, per esprimere se stessi e il mondo che ci circonda. Da spettatori dell’incredibile viaggio di questo artista, non ci resta che attendere con impazienza una nuova apparizione dell’arcangelo Gabriel. 

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array