Taylor Hackford, il cinema in musica.

Regista e produttore, scrittore e documentarita, Taylor Hackford è una delle personalità più complesse e affascinanti del cinema americano attuale. Il suo cinema, come ci insegna il suo ultimo “Ray”, non smette di inseguire un sogno…

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Sulle dita di Ray scivola via, dolente e ipnotico, lo sguardo in musica di Taylor Hackford, con la sua caratura misterica che combina passato e presente, dimenticandosi del futuro, forse già filmato. Sono gli occhi della madre del piccolo Ray a dirci già tutto di questo cinema, a farcelo sentire vicino come poche altre cose viste quest'anno: quegli occhi che dopo poco non ci saranno più, quella presenza viva e generosa che piange sugli occhi addormentati del figlio, quello sguardo che da solo varrebbe l'intero cinema di oggi, sostituendosi a tutto il resto. Ma non è solo un fatto di occhi. C'è un cuore che batte in Ray, una massa pulsante e irregolare di battiti cardiaci che si avventano alle giunture del racconto e che lo fanno caracollare in momenti di perdita assoluta. Ray al piano allora, come in una sublime macchina del tempo che lo porta avanti e indietro nella sua storia, che lo ossessiona con l'eco minaccioso del ricordo, che lo accarezza con la speranza dolce del futuro. Come in una sovrimpressione martellante e melodiosa, Hackford ci fa partecipi del suo viaggio nel cinema, della sua straordinaria e vibrante messa in forma di un corpo che si rinnova di volta in volta come catalizzatore impazzito di umori e di odori, di fragranze e di malinconie, una massa organica che rotola lungo tutta la scena, come una valanga che si porta appresso case e vegetazione, ricordi e percezioni.

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La musica di Hackford impasta così i tanti diversi stati della materia (l'acqua in cui affoga il fratellino di Ray è l'emblema di tutto) e ci riporta allo strato calcareo, ma virato in seppia del ricordo di Ufficiale e gentiluomo (Gere che si rivede piccolo a confrontarsi col padre assente interpretato dal grande Robert Loggia), del mèlo trascinante e umorale messo in gioco tra il Crowe e la Ryan del capolavoro assoluto Rapimento e riscatto, del sangue che scorre a fiotti tra i chicanos dello straordinario e invisibile Patto di sangue. La musica salva il corpo, redimendolo, tirandolo fuori dalla melma, inventandolo con luci diverse (ancora la fabbrica e il sottofondo finale ritmato di Ufficiale e gentiluomo) e immaginandolo di nuovo immerso nella lotta per la sopravvivenza.

Hackford (nato a  Santa Barbara nel 1944) ha iniziato a lavorare da giovane alla KCET, la televisione pubblica di Los Angeles dove è stato tra i primi a mandare in onda concerti integrali di rock'n'roll. Col passare degli anni poi si è specializzato in inchieste giornalistiche che gli sono valse numerosi premi tra cui un Associated Press Award e due Emmy. Il cinema intanto già si agitava sullo sfondo della sua vita, tanto da indurlo a girare il suo primo cortometraggio, Teenage Father, con il quale vinse l'Oscar.

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Dopo il suo esordio con Rock Machine e il successo mondiale di Ufficiale e gentiluomo, Hackford ha fondato con altri registi la New Visions Pictures allo scopo di produrre film interessanti, ma dal budget molto ridotto come La lunga strada vero casa e l'interessante L'ombra del testimone. Nel 1996 poi, dopo aver scoperto del materiale inedito sul combattimento tra Muhammed Alì e George Foreman, ha montato le riprese originali del 1974 (dirette da Leon Gast) con quelle che ha realizzato lui stesso, sotto forma di interviste a personaggi famosi dello spettacolo. E' uscito fuori Quando eravamo re che vinse nel 1997 l'Oscar come documentario. Nel 2004 Hackford è riuscito a concretizzare il sogno della sua vita (un film sulla vita di Ray Charles), ma non è che il provvisorio ultimo atto di un cinema che è partito da molto lontano. Sulle rime tenere e avvolgenti della sua musica/cinema, Hackford accende infatti il fantasma di Ray Charles sullo stesso pentagramma visivo su cui aveva scolpito a inizio carriera il suo personale omaggio al mondo musicale (Rock Machine), raccontando la vita di uno dei più famosi manager degli anni Cinquanta, Bob Marcucci; un omaggio questo seguito poi dal lancinante e romanticissimo Il sole a mezzanotte (storia del rapporto tra un ballerino russo e un danzatore di colore). Anche in questa occasione Hackford, direttamente accantonato all'epoca, colora il cinema degli anni Ottanta con una forza intima e muscolare capace di scolpire frammenti indiavolati di vita, riportandoli sempre ad una dimensione assolutamente privata ed eccezionalmente classica. Tra sperimentalismo selvaggio e raffinatissimo (la luce sul corpo di Baryshnikov, quella che tratteggia il volto di uno strepitoso Hines, interpreti di Il sole a mezzanotte), Hackford prosegue poi con Hail Hail Rock'and Roll, omaggio dichiarato a Chuck Berry e al concerto che tenne nel 1986 a St. Louis, sua città natale. Corpi che vanno e che vengono (Keith Richards, Robert Cray, Eric Clapton) in una cornice di fuoco e fiamme arroventata sulle spire di un ultimo valzer ancora da concludersi, anche perché in Un amore, una vita (1988) Hackford continua ad accendere e a mescolare tensioni e atmosfere (gli straordinari duetti tra Jessica Lange e Dennis Quaid), rievocando l'atmosfera lirica e sanguinante di un conflitto sempre a fior di pelle. Il buio si avvicina e continua intanto a lavorare i corpi di questo cinema dello sfinimento emozionale. La Bathes e la Jason Leigh di L'ultima eclissi sono non a caso fisicità imprigionate in labirinti di luce, entità perse nei fraseggi romantici e oscuri di un passato che dissemina il presente di segni di morte (la violenza subita dalla protagonista da piccola), così come il grande Keanu Reeves di L'avvocato del diavolo rimane stritolato dai gorgheggi chiaroscurati di una prigione di tenebre orchestrata dal diavolo stesso (Al Pacino). La libertà del cinema di Hackford si rimette continuamente in gioco (come recitava il suo notevole Due vite in gioco con Jeff Bridges), è insomma emblema e dicitura viva e passionale di storie che non si stancano di ripetersi nel tempo (Chuck Berry/Ray Charles, il Crowe di Rapimento e riscatto, il Gere di Ufficiale e gentiluomo) e di ri/alimentare come la prima volta un'immagine complessa e stratificata, pulsante di mille rivoli di vita.

Ci viene in mente il Foxx dell'ultima sequenza di Ray che guarda la madre, tornando per un attimo a vedere. Tutta la vita in un cinema che batte le ciglia e guarda il mondo, per la prima volta.


Ancora una volta.

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