"Romanzo criminale è un film politico pieno di inguaribile romanticismo" – intervista a Michele Placido

Arriva in sala Romanzo criminale, l'ultimo film che Placido ha tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo. Una pellicola che attraversa la storia italiana fra gli anni '70 e '80 scrutandola attraverso le lenti deformanti dei fatti della "banda della Magliana". Ne abbiamo parlato con il regista di Un viaggio chiamato amore e Ovunque sei.

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Michele Placido

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È stato presentato mercoledì 28 settembre a Bari, in anteprima nazionale, ad una platea di cinefili e studenti universitari Romanzo criminale, l'ultimo film che Michele Placido ha tratto dall'omonimo romanzo del magistrato tarantino Giancarlo De Cataldo. Una pellicola che attraversa come una lama tagliente la storia italiana a cavallo fra gli anni settanta ed ottanta scrutandola attraverso le lenti deformanti dei fatti della "banda della Magliana". Al termine della proiezione, accolta da applausi e consensi, abbiamo incontrato il regista ed attore di film come Un eroe borghese, Un viaggio chiamato amore e Ovunque sei. 
 
Come nasce il progetto cinematografico di Romanzo criminale?
"Il progetto nasce grazie ad una società di produzione come Cattleya – racconta Placido a Sentieri selvaggi – che ha acquistato i diritti del libro convinta di poterlo adattare con successo per il grande schermo. Dopo che erano stati proposti vari nomi di registi italiani, come quelli di Marco Tullio Giordana e Roberto Faenza, mi è arrivata una sceneggiatura scritta da Rulli e Petraglia e solo dopo averla letta mi sono avvicinato al testo di De Cataldo".
 
E poi cosa l'ha incuriosita del romanzo?
"Ho avuto subito l'impressione che si potesse fare un buon film da questo libro. Un film importante perché in queste pagine si parla di fatti che hanno segnato la storia italiana degli ultimi anni, ma non solo: si racconta anche una tragedia umana, una vicenda che tocca direttamente gli amori, gli odi e le passioni degli uomini".
 
Una storia difficile e rischiosa da adattare su grande schermo non crede?
"Beh sicuramente bisognava trovare lo stile giusto per raccontare queste pagine. Uno stile troppo realistico avrebbe posto l'accento sull'aspetto documentaristico e, probabilmente, non avrebbe incontrato il gusto di un pubblico abituato a stili narrativi più moderni ed efficaci."
 
E allora?
"Allora, dato che il romanzo lo permette, ho scelto un taglio in bilico fra il realismo ed una dimensione tragica che avvicina molto lo sguardo dello spettatore ai protagonisti. Ho aggiunto un prologo che non c'è nel libro e che regala al film un'atmosfera più intima e romantica, segnando un destino tragico e comune ai personaggi principali della narrazione. Poi, soprattutto nella seconda parte, ho avvicinato i volti degli attori con primi piani costanti e ravvicinati, quasi a voler entrare con la macchina da presa nell'intimità di queste vite tragiche ed impossibili. Vedrete che Romanzo criminale è un film molto fisico, molto passionale, tutto focalizzato sui corpi degli attori…"
 

Oltre ai rischi stilistici, però, questa storia nascondeva anche qualche insidia per i risvolti politici legati ai fatti della banda della Magliana…
"Su questo non vi sono dubbi. Ascoltando le prime reazioni alle proiezioni, però, ho ricevuto assensi e complimenti su come ho trattato le questione politiche legate al film. Credo che questo sia il mio lavoro più completo, quello che dimostra maggiore equilibrio fra politica e cronaca, realtà e finzione. Poi è bene ricordare, come ho già detto, che nel film vi sono anche delle storie d'amore intense e passionali. C'è molto romanticismo che spero avvicini anche il pubblico dei più giovani che, magari, sanno poco o nulla su ciò che è accaduto in quegli anni."
 
Come è riuscito a rendere più umani e "romantici" personaggi così negativi ?
"Innanzitutto voglio precisare che nel film non ci sono personaggi positivi, anche se i personaggi del libro di De Cataldo hanno uno spessore epico ed umano di grande potenza. Poi, in alcuni casi, ho teatralizzato i tratti caratteriali di alcuni di loro. Per esempio la figura del commissario Scialoja, che è interpretato da Stefano Accorsi, è molto più ambigua che nel libro, e questo nonostante le perplessità sollevate dallo stesso Accorsi. Ed è bene anche ricordare che si parla sempre di personaggi che hanno profondi limiti umani ed intellettivi, persone tragiche che vivono solitudini estreme e situazioni al limite: e tutto questo traspare chiaramente grazie al grande lavoro degli attori che hanno saputo tratteggiare questi chiaroscuri esistenziali."
 
Anche perché il film ha un cast d'eccezione…
"Si, ho avuto la fortuna di poter contare su attori come Claudio Santamaria, Kim Rossi Stuart, Stefano Accorsi, Jasmine Trinca, solo per ricordarne alcuni. Tutti professionisti seri che vengono da esperienze teatrali ed hanno trasmesso ai loro personaggi una certa pietas, un alone di fragilità che accarezza queste figure rendendole ancora più tragiche. Arricchendo il film di quella vena emotiva e passionale che credo attraversi un po' tutti i miei lavori, come un respiro da grande tragedia shakespeareana. Ma credo che anche gli attori che interpretano "ruoli di fianco" come Antonello Fassari, Gianmarco Tognazzi e Massimo Popolizio siano davvero bravi."
 
Dai corpi degli attori ai luoghi ed agli spazi urbani narrati in Romanzo criminale. Quanto è stato difficile ricostruire questa Roma anni settanta?
"È stato molto impegnativo, ma spero che i risultati siano soddisfacenti. Mi piace ricordare, però, che nel film non c'è solo la ricostruzione storica di Roma, ma anche quella di altre città come Milano e Bologna, con le tragiche immagini in digitale della strage alla stazione. Poi naturalmente il teatro dell'azione è questa città di Roma sospesa fra periferie, borgate ed i grandi centri nascosti di un Potere impalpabile. Il discorso sulla ricostruzione dei luoghi, che spero sia riuscita nonostante le difficoltà, investe anche i filmati di repertorio che ho inserito nel film: dove ho creduto che la ricostruzione puramente cinematografica non fosse sufficiente ho preferito affidare la memoria storica alle immagini televisive di quegli anni".
 
In conclusione come definirebbe il suo ultimo film?
"Lo definirei un film politico pieno di inguaribile romanticismo."

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