LOCARNO 67 – Ritorno alla Nouvelle Vague
Il cinema della Nouvelle Vague è il filo sotterraneo di questa edizione che va dagli omaggi ad Agnès Varda e Jean-Pierre Léaud, al Godard Fuori Concorso di Adieu au langage fino al segno lasciato sul cinema contemporaneo presentato in Concorso: Paul Vecchiali e Eugène Green ma anche Pedro Costa e Martín Rejtman. Per un festival che continua a porsi tra rilettura del passato e sperimentazione nel presente
Ovvero, ritorno al futuro. Tornare sull'esperienza fondamentale di libertà creativa come quella dell'ondata che trasportò definitivamente il cinema dal classicismo alla modernità, e la cui eco risuona ancora forte nel panorama contemporaneo, indica ancora una volta la direzione della manifestazione ticinese di porsi come crocevia culturale nel tempo e nello spazio.
Oltre all'omaggio diretto a quegli anni – dalla proiezione nelle gustose anticipazioni del Pre-Festival, de I quattrocento colpi alla rassegna dedicata ad Agnès Varda – l'onda lunga di quella sperimentazione si ritrova nel Concorso: cinematografie distanti, dall'estremo oriente all'Europa al Nord America, ma anche generazioni chiamate al confronto, dove giovani come Lucie Borleteau (attrice francese al passaggio dietro la macchina da presa) e Alex Ross Perry (che torna a Locarno quattro anni dopo The Color Wheel) dialogheranno con autori consolidati come i francesi Paul Vecchiali e Eugène Green o l'argentino Martín Rejtman, più giovane ma indubbiamente figlio di quella stessa idea di cinema.
Sono i lavori da cui, su carta, ci si attende molto, oltre ovviamente al ritorno di Lav Diaz, lo scorso anno presidente di giuria, di nuovo pronto a rimettersi in gioco con From What Is Before, ambientato nel cruciale 1972, anno dell'imposizione della legge marziale da parte di Marcos. O a quello del portoghese Pedro Costa, che da sempre incrocia il paradosso di un'osservazione del reale fisica e immediata con l'affiorare di mondi sommersi.
Un Concorso denso, quindi, a un primo sguardo più coeso di quello dello scorso anno, capace di trovare una mirabile continuità di sguardo, seppure tra mille diversità culturali e anagrafiche. Così come è lecito riporre buone speranze nell'unico film italiano a concorrere per il Pardo, Perfidia del sardo Bonifacio Angius, che conferma la volontà dei selezionatori di indagare un cinema italiano altro, in grado di rigettare uno stereotipo culturale persistente e capace invece di raccontare lo spaesamento del Paese- che per Angius ha la forma di un conflitto padre-figlio – rimanendo saldamente attaccato alle angosce del presente.
Piazza Grande si riappropria invece del glamour, un po' appannato in verità nella scorsa edizione, aprendo con la dirompente Scarlett Johansson di Lucy, che sarà presentato dal regista Luc Besson. Ma non solo: arriva da Cannes il bellissimo Sils Maria di Olivier Assayas, che coinciderà con l'assegnazione del Premio Moet & Chandon a Juliette Binoche; e di sicuro avranno grande risonanza emotiva le proiezioni di Les plages d'Agnès della Varda, introdotto dall'autrice, e del Gattopardo di Luchino Visconti, apice dello sforzo creativo e produttivo di quella "fabbrica dei sogni" che è stata la Titanus di Goffredo Lombardo, oggetto della retrospettiva.
Una rassegna che non celebra i soliti titoli ma che riscoprirà delle perle poco note del cinema italiano, col recupero, doveroso, di autori come Valerio Zurlini.
Altre divi che accompagneranno le proiezioni del festival saranno Mia Farrow e l'attore tedesco Armin Mueller-Stahl.
E poi di nuovo la Nouvelle Vague: Pardo alla Carriera a Jean-Pierre Léaud, omaggiato con quattro capolavori: Il maschio e la femmina di Jean-Luc Godard, Le due inglesi di François Truffaut, La maman et la putain di Jean Eustache e Le pornographe di Bertrand Bonello.
Ecco tutti i titoli in programma sezione per sezione: