MANGA/ANIME – Madoka Magica


E se le classiche maghette alla Creamy scoprissero che il loro potere conduce alla perdizione, invece che alla felicità e al successo? E' quanto avviene nella serie animata realizzata nel 2011 dal gruppo Magica Quartet, autentica rivoluzione copernicana 

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Madoka MagicaA dispetto dell'elemento magico che chiama direttamente in causa, il genere majokko (o maho shojo), comunemente noto in Italia come quello delle “maghette”, possiede una forte componente esistenziale e, perché no, sociologica, tale da fornire una precisa mappatura dei sentimenti che animano la società giapponese nei vari stadi della sua evoluzione. Dalle necessità di trovare il proprio spazio in una società in ricostruzione grazie ai poteri de Lo specchio magico (1969) o di Lalabel (1980), fino alla voglia di successo nello show business de L'incantevole Creamy (1983) e Magica Magica Emi (1985), le varie streghette del piccolo schermo hanno fatto propri i sogni e le speranze delle rispettive generazioni. Ma come la mettiamo con i tempi attuali, figli di una stringente crisi economica, dove già altri generi hanno introiettato il disagio e il senso di smarrimento di una realtà che sembra offrire poche prospettive (pensiamo alla forte alienazione di cui è pervasa la soap de Le situazioni di lui e lei o il robotico di Evangelion)?

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La risposta arriva da Madoka Magica, sicuramente l'atto più radicale mai compiuto dal genere, che arriva a operare un'autentica rivoluzione copernicana, grazie a una torsione dei presupposti insiti in questo tipo di racconto: ottenere il potere magico, quindi, non è più un dono per risolvere i problemi, ma diventa al contrario una maledizione che chiama in causa il patto faustiano con il Diavolo. Il percorso della protagonista di turno (la Madoka del titolo) dovrà quindi essere orientato non a cercare il potere, ma a capire la dannazione che il dono porta con sé, e sarà questa comprensione a costituire il suo canonico percorso di formazione.

 

La storia, creata dal gruppo Magica Quartet (formato dal regista Akiyuki Shinbo, lo sceneggiatore Gen Urobuchi, il character designer Ume Aoki e gli animatori dello Studio Shaft), vede la giovanissima Madoka ricevere una proposta da Kyubey, classico animaletto ambasciatore del mondo magico, realizzato secondo la tipica estetica kawaii (letteralmente: “carino”) fatta di linee tondeggianti e capaci di suscitare tenerezza nello spettatore (uno stile che peraltro coinvolge anche il design degli stessi personaggi umani). Diventando una maga, Madoka potrà infatti esaudire un suo desiderio e in cambio dovrà dedicarsi a salvare il mondo dalle streghe che spargono l'infelicità tra i vivi. Solo in un secondo tempo, quando l'amica Sayaka accetterà di stringere il patto per salvare il ragazzo che ama, Madoka comprenderà come l'acquisizione del potere porti alla perdita della propria anima e a una serie di eventi che conviene non rivelare per non compromettere la visione (ricca di colpi di scena) delle 12 puntate.

 

La dimensione magicaGià da queste poche righe, la centralità di concetti come felicità e perdizione, oltre che i presupposti faustiani del racconto, risultano abbastanza chiari, ma la forza della serie sta nella capacità di articolare il proprio discorso attraverso lo stile: la vicenda è infatti sostanzialmente riassunta tra l'immobilità della vita nel mondo reale e il dinamismo sperimentale delle dimensioni magiche in cui le maghette combattono le streghe. Nel primo caso, abbiamo un quadro dominato da motivi geometrici che sembrano perennemente rinchiudere le protagoniste in “gabbie” costrittive, specchio dei rigidi cerimoniali imposti dalla società, ma anche dalle limitazioni autoindotte dalle incertezze dell'animo. L'animazione in questi casi è quasi inesistente, e, sebbene si possa pensare a un atteggiamento furbo per risparmiare sul budget, questa “fissità” del quadro trova comunque una sua ragione d'essere nel disegno generale della storia. Nelle dimensioni magiche (i “Labirinti”), prevale al contrario uno stile espressionista e surreale, che spesso riproduce gli elementi stessi del disegnare: lo spazio sembra assumere la forma di una caotica scrivania, dove prevalgono le figure dei pastelli, e tra i vari motivi che vagano impazziti nell'inquadratura, troviamo forbici, righelli, matite, vasetti di colore. Le stesse streghe non rispecchiano l'iconografia classica, ma sono degli enormi agglomerati informi di colori in un amalgama impazzito. Per comprendere meglio la natura sperimentale, più che agli anime, bisogna pensare a certe opere di Jan Svankmajer (come, ad esempio, Dimensions of Dialogue).

 

Colpisce anche il tono oscuro, sottolineato dalla suggestiva colonna sonora di Yuki Kajiura, con una protagonista quasi sempre atterrita e in lacrime di fronte alla trama che le si dipana sotto gli occhi e alla sofferenza prodotta da Kyubey. Anche per questo, i combattimenti delle maghe sono animati con impressionante dinamismo, e i loro attacchi si stemperano in un tripudio di segni che sembrano “liberare” la limitatezza delle loro figure. Gli autori non nascondono la difficoltà della vita quotidiana e il desiderio (tipico della giovane età) di lasciar fluire la propria energia in nome dell'altruismo, Il diabolico Kyubeyma la morale stavolta è amarissima, perché le azioni che mirano alla felicità non fanno altro che generare nuovo dolore, in una spirale di tristezza davvero sorprendente. La “carineria” di Kyubey e delle stesse protagoniste diventa quindi l'emblema dell'inganno rappresentato dalle estetiche precostituite, fatto che rivela l'intento dissacratorio degli autori e la loro tendenza a rovesciare il genere dall'interno. Madoka attraversa perciò l'intera serie come in una dimensione sospesa, dove il dubbio se far prevalere l'autoconservazione e non cedere alle lusinghe del potere, si accompagna alla voglia di aiutare chi le sta intorno, magari usando proprio quel potere. Il che ci riporta ai presupposti fondanti del genere: trovare il proprio posto nel mondo e descrivere un percorso esistenziale attraverso una gamma emotiva che non può prescindere dal ruolo che gli affetti hanno nella vita. Alla fin fine, la fede nella speranza fa capolino, nonostante tutto, segno che i Magica Quartet conoscono bene le regole del genere, anche quando sembra che il racconto si orienti troppo alla fantascienza.

 

Trasmessa in Italia da Rai 4 e distribuita in Blu-Ray Disc e DVD da Dynit (anche in fastose edizioni limitate), Madoka Magica ha ottenuto il Gran Premio per l'Animazione al Japan Media Arts Festival 2011, dando vita a un'inevitabile merchandise e vari spin off cartacei. La sua fortuna prosegue ora con i film cinematografici (distribuiti in Italia da Nexo Digital) che riassumono in due pellicole tutta la storia.

 

TRAILER

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