"The Experiment" di Oliver Hirschbiegel

"The Experiment" sbaglia sin dall'inizio, e in alternanza lo fa in continuazione. Ci mostra ciò che non dovrebbe, lascia entrare uno spiraglio di luce là dove la "claustrum" di certe pellicole non lo richiederebbe.

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Un film come questo The Experiment è proprio un buon rinvigorente per le tesi dei becchini cinematografici che da tempo immemore sentenziano, ghignanti, la morte del cinema. Non che questo film sia un'opera propriamente fallita, ma la forza blanda con la quale persegue il suo progetto di scandaglio della psiche umana nei limiti spaziali di una cella, televisivamente (ahinoi!) alternata con le sconfinate digressioni negli agorafobici spazzi del pensiero, questo pavido stazionamento in un'anonima via di mezzo che in un montaggio alternato a dir poco incosciente trova il suo gonfalone, richiama alla mente i demoni di quel cinema che mai dovrebbe essere.

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Plebaglia da lanterna magica che di fronte alla bella mostra di una black box, con in dotazione un cacciavite per di più, dovrebbe pisciarsi addosso con  fare tremebondo? Ma dove sono finiti gli insegnamenti dei maestri del cinema? Hitchcock, già in tempi non sospetti, confidò che avrebbe scommesso di riuscire a girare un intero film dentro una cabina telefonica. Perché il cinema è claustrofobia, di più, il cinema è claustrofilia.


Questa macchina di immagini che al suo esordio fece saltare dalla sedia i suoi protospettatori, come se presentissero nel binomio treno-cinema il sinistro di un progresso in rotta di collisione col suo cittadino, è un luogo dove la perdita di senso celebra il suo matrimonio con la nascita di una nuova coscienza. In una sala cinematografica, una black box collettiva, sede indiscussa dell'atto claustrofobico, ci attanaglia il dubbio che nel prezzo da pagare (immobilità, oscurità, silenzio, via di fughe limitate) alberghino i timidi germogli di una rinascita, seppur allegorica, ad una nuova vita, forse migliore. Ed è soltanto nello spegnersi del buio alla fine del percorso che avremo accertato l'esito della prova.


Prendete film in molti sensi conformi a questo, più riusciti o quanto meno più coraggiosi, per esempio Il Cubo e Thomas in Love. Qui, i protagonisti, giungeranno alla luce (vera e metaforica) drammaticamente e solamente alla fine del viaggio, dopo che il meccanismo (qui costruttivo) di espressione avrà coerentemente giocato le sue carte.


The Experiment invece, sbaglia sin dall'inizio, e in alternanza lo fa in continuazione. Ci mostra ciò che non dovrebbe, lascia entrare uno spiraglio di luce là dove la claustrum di certe pellicole non lo richiederebbe, là dove la cabina telefonica di Sir Alfred non avrebbe ammesso. Nel film di Hirschbiegel la donna, l'amore, gli spazzi sconfinati in avvicendamento a quelli delimitati, alla violenza e alla mancanza di fratellanza umana, sono l'imbarazzante didascalia di una visione basata sui contrasti più retorici.


 


In questi ultimi anni di cinema una certa tendenza sembra ricercare lo scontro nel chiuso di un piccolo universo, ricreando così, e forse controllandolo più facilmente, quell'atrito primordiale nascostosi nei recessi ambigui della cosiddetta civilizzazione.


Certi film come The Experiment hanno bisogno costantemente di una boccata accecante di luce esterna per rimembrare al protagonista e allo spettatore il miraggio di un mondo e di una vita migliori, certi altri, quelli superiori, sanno suggerirlo nell'oscurità di una black box e senza inaspettati cacciaviti di sicurezza.


Ma ciò che è più sicuro è che non aspettiamo sicuramente con ansia da beccamorti del cinema un altro esperimento del genere.


 


Titolo originale: Das Experiment
Regia: Oliver Hirschbiegel
Sceneggiatura: Don Bohlinger, Christoph Darnstadt, Mario Giordano dal romanzo di Mario Giordano
Fotografia: Rainer Klausmann
Montaggio: Hans Funck
Musica: Alexander Bubenheim
Scenografia: Andrea Kessler
Costumi:Claudia Bobsin
Interpreti: Moritz Bleibtreu (Tarek Fahd), Christian Berkel (Steinhoff), Oliver Stokowski (Schütte), Wotan Wilke Mohring (Joe), Stephan Szasz (prigioniero n. 53), Justus Von Dohnanyi (Berus), Nicki Von Tempelhoff (Kamps), Timo Dieckert (Eckert), Edgar Selge (prof. Klaus Thon), Andrea Sawatzi (dott.ssa Jutta Grimm)
Produzione: Marc Conrad, Norbert Preuss, Friedrich Wildfeuer
Distribuzione: Nexo
Durata: 114'
Origine: Germania, 2001


 

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