"L'acchiappasogni", di Lawrence Kasdan

Rileggendo King, Kasdan costruisce un autentico dispositivo di immagini, un gioco che, come un Blob o un viscido alieno, non smette mai di moltiplicare se stesso catapultando lo spettatore in una "zona morta" dove cinema e metacinema corrono sul filo di una memoria che riaffiora qua e là e riporta indietro il nostro sguardo interiore

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Non è facile raccontare un film come L'acchiappasogni, l'ultimo lavoro che Lawrence Kasdan, uno dei grandi ri-scrittori del cinema americano degli anni '80, ha tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King. Una pellicola che si diverte a scherzare con il pubblico, a confondere e triturare i "generi" cinematografici fino a stordire e sconcertare tutti quegli spettatori (e purtroppo anche tanti cosiddetti critici…) sicuri di entrare in sala e assistere ad un buon horror garantito dalla maestria della penna di King e dal talento narrativo di Kasdan. Ma L'acchiappasogni, questa strana creatura filmica, non ama confermare le attese e preferisce di gran lunga stimolare l'occhio curioso, invitarlo a partecipare ad un pericoloso gioco cinematografico, quasi una mano di poker dove la prima mossa per essere ammessi al tavolo è una metamorfosi, un mutamento di prospettiva: guardare il film di Kasdan significa spalancare e poi socchiudere dolcemente due occhi da bambino, lasciarsi trasportare da tutte quelle paure e le ansie che sembrano sparire non appena si raggiunge l'età della ragione.

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Solo così, inforcate queste lenti emozionali, L'acchiappasogni rivela tutta la sua potenza visionaria trasportandoci fra flashback sepolti nelle terre del Maine, un set ghiacciato popolato di Ufo e folli cacciatori e una surreale stanza cerebrale dove sono conservati i cassetti della memoria di un ex bambino dotato di poteri speciali. E non meravigliano i continui cambi di registro operati da Kasdan, i salti narrativi che "staccano" una prima mezz'ora sospesa fra atmosfere alla Stand by Me e una cena fra amici che sembra ritagliata da Il grande freddo, e una seconda parte in delicato equilibrio fra apocalittici scenari fanta-horror in stile Alien e cavalcate da western di frontiera postmoderno: tutto è possibile e nulla è proibito in questo magico gioco di immagini dove occhi da bambino sfidano il mondo (la sua consistenza, la sua materialità…), mentre il cinema corre veloce riproducendo e mutando se stesso in cerca solo di un altro sogno da realizzare.


Perché il vero acchiappasogni raccontato da Kasdan è proprio quello schermo bianco che, illuminato dal fascio di luce del proiettore, riapre e chiude a suo piacimento i cassetti della nostra memoria costruendo nuovi mondi possibili, intersecando storie e personaggi già visti, in un lungo e magnetico sogno ad occhi aperti che dura il tempo interminabile di una proiezione cinematografica. Un tempo di celluloide dove, come in un racconto di Lewis Carroll o in un romanzo sugli "universi paralleli" di Neil Gaiman, capita di salvare il genere umano con una pistola appartenuta a John Wayne che si trasforma improvvisamente in un bizzarro telefono mentale; o, ancora, può capitare di sconfiggere mostruosi alieni chiamati Ripley o E.T. su un set "squadrato" fra la neve e una base artica di carpenteriana memoria.


Rileggendo King, Kasdan costruisce un autentico dispositivo di immagini, un gioco che, come un Blob o un viscido alieno, non smette mai di moltiplicare se stesso catapultando lo spettatore in una "zona morta" dove cinema e metacinema corrono sul filo di una memoria che riaffiora qua e là e riporta indietro il nostro sguardo interiore, in quelle stanze tutte private che si aprono solo al contatto con un'immagine, con una pulsione emozionale. Spazi filmici che riposano nelle pupille degli occhi di Duddits, nuovo Forrest Gump in grado di comunicare direttamente per immagini o sequenze mentali, autentico bambino-cinema (altro simbolo o sogno del magnifico cinema-bambino di Kasdan…) capace di restituirci ancora credenza in un mondo plasmato da corpi-oggetti-parole-sogni in continua ed eterna metamorfosi. In due parole: nel cinema.


 


 


Titolo originale: Dreamcatcher
Regia: Lawrence Kasdan
Sceneggiatura: Lawrence Kasdan e William Goldman dall'omonimo romanzo di Stephen King
Fotografia: John Seale
Montaggio: Raúl Dávalos e Carole Littleton
Musica: James Newton Howard
Scenografia: Jon Hutman
Costumi: Molly Magginis
Interpreti: Morgan Freeman (colonnello Abraham Curtis), Jason Lee (Joe 'Beaver' Clarendon), Thomas Jane (dr. Henry Devlin), Tom Sizemore (capitano Owen Underhill), Damian Lewis (prof. Gary Jones), Donnie Wahlberg (Douglas Cavell), Timothy Olyphant (Pete Moore), Mike Holekamp (Henry giovane), Reece Thompson (Beaver giovane), Giacomo Baessato (Jonesy giovane), Joel Palmer (Pete giovane), Andrew Robb (Duddits giovane)
Produzione: Lawrence Kasdan, Charles Okun per Castle Rock Entertainment/NPV Entertainment/SSDD Films Inc./Village Roadshow Productions
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 136'
Origine: Usa/Canada, 2003


 


 

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