"Nove regine", di Fabian Bielinsky

Bielinsky annaspa fra i detriti di una superficie di scorrimento ipercostruita, mai veramente densa e materica, ma sempre affastellata da segni ingombranti che asfissiano la visione.

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Come molti non hanno mancato di notare, lo script di Nove regine sembra parafrasare in molti punti il classico balletto di ladri, con ovvi rimandi alla Stangata. E' senz'altro vero, ma c'è dell'altro. Diciamo allora che Bileinski mette in scena un doppio artificio narrativo: da una parte l'intreccio localizzatissimo di genere (si tratta della storia di due imbroglioni che decidono di fare il colpo della vita vendendo una serie falsa di francobolli), dall'altra perlustrazione di un set che, oltre a prestarsi quale teatro della vicenda, cerca di fare anche da cassa di risonanza della disastrata situazione sociale/economica argentina. Uno sguardo a metà dunque, perché Bielinsky non riesce quasi mai far incrociare le due diverse derive (di questo in fondo si tratta), annaspando invece fra i detriti di una superficie di scorrimento ipercostruita, mai veramente densa e materica, ma sempre affastellata da segni ingombranti che asfissiano la visione, bruciandone il potenziale visivo. I due protagonisti infatti quasi non sembrano avere vita propria al di fuori del contesto chiave in cui sono collocati; mancano insomma di respiro, non si impongono mai come corpi vivi, ma come fisicità rinchiuse in esagerati labirinti di scrittura. Bielinsky d'altronde non pare troppo interessato al potenziale umano messo in campo, così come trascura volutamente ogni ipotesi di mescolanza, di ibrido, di incrocio. Va avanti sommando compartimenti stagni, aggrappandosi ad un cinema macchinoso (la truffa ordita dai protagonisti non si riscatta mai dal solito schema intricatissimo), davvero incapace di restituirci uno sprazzo di libertà, o magari un'emozione improvvisa. E poi la cornice sociale ci pare soltanto un pretesto. Non c'è realismo, non c'è simbolismo, né tantomeno il sublime sincretismo di modi e linguaggi visto ne La cienaga della Martel. Quello sì un set/spazio in cui poter impressionare la vita.

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Titolo originale: Nueve reinas
Regia: Fabian Bielinsky
Sceneggiatura: Fabian Bielinsky
Fotografia: Marcelo Camorino
Montaggio: Sergio Zottola
Musiche: Cesar Lerner
Scenografia: Ruben Santeiro
Costumi: Monica Torschi
Interpreti: Gaston Pauls (Juan), Ricardo Darin (Marcos), Leticia Bredice (Valeria), Tomas Fonzi (Federico), Graciela Tenembaum (Impiegato del magazzino), Ignasi Abadal (Vidal Gandolfo), Alejandro Awada (Washington), Elsa Berenguer (Berta)
Produzione: Fx Sounds, Industrias Audovisuales Argentinas
Distribuzione: Filmauro
Durata: 114'
Origine: Argentina, 2003

 

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