"PAZ!", di Renato De Maria

Un film che mettesse assieme i personaggi immaginati e disegnati da Andrea Pazienza era augurabile. Anzi, era un sogno, un desiderio di conferma, una necessità quasi fisiologica. Ma il troppo amore ha portato De Maria alla prevedibile catastrofe..

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Un film che mettesse assieme i personaggi immaginati e disegnati da Andrea Pazienza era augurabile. Anzi, era un sogno, un desiderio di conferma, una necessità quasi fisiologica, una fantasticheria abbondantemente accarezzata, voluta, orgasmicamente abbracciata.
Pazienza, del resto, già di suo, aveva creato un'aura mitologizzante, aveva dato sfogo e aveva messo in pratica tutta una serie di azioni e strategie utili a fare di se stesso e delle proprie storie, un'entità astratta e superiore – tanto che bastava un gesto, uno schizzo, una bozza, un residuo involontario per permettere a chiunque di lavorarci sopra come si lavora sopra ai brandelli di una croce, ad un pezzo di osso umano appartenuto (forse) ad un santo.
Ma ciò che ha fatto De Maria ha davvero dell'incredibile: la sua fame insaziabile l'ha – immaginiamo – costretto a mettere assieme un materiale abnorme, ingestibile, una potenza narrativa che sarebbe bastata alla costruzione di un intero universo, con tanto di mondi paralleli, di realtà irregolari. Il troppo amore l'ha portato alla prevedibile catastrofe: troppo materiale fantasmatico e mitologico (almeno per un certo ambiente, per un determinato gruppo sociale, per una precisa fascia d'età, per una limitata équipe culturale).
Il solo parlare di Pazienza avrebbe meritato un film – magari un documentario, serio e piacevole.
Per non dire dei personaggi: Zanardi e compagnia cantando si porta dentro una forza seriale che andrebbe recuperata dallo stupido televisivo e, con la forza pestifera che si porta dentro, ributtata in faccia allo spettatore, soprattutto a quello più sprovveduto. Altro che Moretti in piazza: quella sì che sarebbe una bella operazione, per niente buonista, da mettere in opera. Zanardi all'ora di cena: ci piacerebbe sognare una televisione che permettesse una simile, inclemente, cattivissima oscenità.
Ma a Zanardi non può bastare un film. Ci sta stretto come ci stanno stretti Pentothal e tutti gli altri. Nella furia di dover ridurre ad uno spazio e ad un tempo si finisce col creare macchiette, bizzarre macchiette, grottesche macchiette. E, per quanto possa sembrare strano, la forza di Andrea Pazienza rimane nella capacità – veramente unica, da grande facitore di arte e poesia – di creare personaggi per nulla irreali, per nulla implausibili. Tutti perfettamente veri – tanto che lo vedevi da come parlavano e, lì, altra grande abilità di fondere immagine disegnata a linguaggio ricco, barocco, capace di far tornare alla mente un genio assoluto come fu Giovan Battista Basile.
Il film, così, non rende merito ai personaggi, tantomeno a Pazienza. Buona operazione sarebbe stata mettere in scena l'unica storia veramente filmabile di Pazienza, quella più dolorosa e fastidiosa, quella che, in qualche modo, prediceva il futuro lugubre e doloroso del suo autore. In tal senso aspettiamo fiduciosi che qualcuno metta mano a "Pompeo", capolavoro tragico del miglior talento italiano dei nostri leggerissimi ed insignificanti anni.
CAST & CREDITS
Regia: Renato De Maria; Sceneggiatura: Ivan Cotroneo, Renato De Maria, Francesco Piccolo; Direttore della fotografia: Gianfilippo Corticelli; Scenografia: Giancarlo Basili; Costumi: Valentina Taviani; Fonico: Alessandro Rolla; Colonna sonora: Riccardo Senigallia Meme, Francesco Zampaglione; Montaggio: Iacopo Quadri e Letizia Caudullo.

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Interpreti: Claudio Santamaria (Pentothal), Flavio Pistilli (Zanardi), Max Mazzotta (Enrico Fiabeschi), Fabrizia Sacchi (Lucilla), Cristiano Callegaro (Sergio Pistilli), Matteo Taranto (Colasanti), Roberto Citran (Professore), Iaia Forte (Signorina Corona), Vittoria Puccini (Mirella), Antonio Rezza (Folletto), Paola Bechis (Professoressa).

Produzione: Roberto e Matteo Levi – Tangram Film, Rai Cinema, Stream, ITC.
Distribuzione: Mikado.
Durata: 102'
Origine: Italia, 2002.

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