“Amen.” di Costa-Gavras

Se negli anni '70 questo cinema poteva comunque coinvolgere, oggi denuncia tutti i limiti di un cineasta che da 30 anni ripropone continuamente se stesso, allineandosi con il peggior cinema storico delle coproduzioni europee. La forza civile del tema, l’urlo, la protesta dell’opera restano solo ipotizzate in un manifesto che ha destato scandalo

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L’Olocausto fuori-campo. Nella teatralità di una messinscena ispirata alla pièce “Il vicario” di Rolf Hochhut portata in scena negli anni Sessanta, Costa-Gavras torna ad esaminare, come nel suo cinema impegnato più appariscente, la lotta dell’individuo singolo contro la macchina politica. In “Amen.” (il punto del titolo italiano potrebbe indicare quella perentorietà/impermeabilità della Chiesa alla tragedia sotto Pio XII) c’è al centro della vicenda un ufficiale delle SS, Gerstein, che dopo aver scoperto le prime forme di sterminio dei cittadini ebrei, cerca di fermare il massacro, così come in “Z – L’orgia del potere” un giornalista e un giudice istruttore che indagano sui sistemi di potere dei colonnelli greci, e in “La confessione” un uomo che si scontra contro la burocrazia comunista della Cecoslosvacchia. Uno schema che, narrativamente, sembra ripetersi, basandosi sempre su soggetti contenutisticamente forti, per riformulare ancora una volta un cinema politico capace di entrare dentro la Storia e di metterne in luce i lati oscuri. Se negli anni Settanta un presupposto di questo tipo poteva comunque coinvolgere, oggi denuncia tutti i limiti di un cineasta che da trent’anni non sembra mai essersi rinnovato ma ripropone continuamente se stesso, che aspira ad echi premingeriani (“Il cardinale” soprattutto, ma anche l’ossessione della ricostruzione di “Exodus”), e che invece si allinea con il peggior cinema storico generalmente creato dalle coproduzioni europee. Si crea così un film dove si avverte in ogni inquadratura il peso di una costruzione invasa dalla pesantezza della parola e del gesto (il suicidio dell’uomo di nazionalità ebraica davanti ai membri della Società delle Nazioni in apertura), freddo in quei colori accesi ma anche gelidi, che sembra chiudersi in ristretti movimenti (il passaggio dei treni che portano i deportati nei campi di concentramento) in cui la Chiesa e soprattutto il personaggio di Pio XII sembrano più elementi di un passato da ricostruire piuttosto che da rivitalizzare. “Amen.” vive di figure già troppo scritte malgrado la buona prova di interpreti come Ulrich Tukur e, soprattutto, Mathieu Kassovitz, capace di lasciar emergere, sia pure pallidamente, un personaggio immobilizzato nella sua silenziosa dimensione tragica. L’urlo, la protesta dell’opera resta così solo ipotizzata in un manifesto che ha destato scandalo. Queste componenti restano però soppressi in un vortice didascalico (compresa la stessa scelta di non mostrare i campi di concentramento), con quadretti grotteschi che richiamano il Petri più cerebrale. La lodevole forza civile del tema resta così soltanto nelle intenzioni.Titolo originale: Amen
Regia: Costa-Gavras
Sceneggiatura: Costa-Gavras, Jean-Claude Brumberg dalla pièce di Rolf Hochhuth
Fotografia: Patrick Blossier
Montaggio: Yannick Kergoat
Musica: Armand Amar
Scenografia: Ari Hantke
Costumi: Edith Vesperini
Interpreti: Ulrich Tukur (Kurt Gerstein), Mathieu Kassovitz (Riccardo Fontana), Ulrich Muhe (il dottore), Michel Duchaussoy (il cardinale), Ion Caramitru (conte Fontana), Marcel Iures (il Papa), Friedrich von Thun (padre di Gerstein), Antjue Schmidt (Frau Gerstein), Hans Zischler (Grawitz), Sebastan Koch (Höss)
Produzione: Claude Berri, Andrei Boncea, Michèle Ray-Gavras
Distribuzione: Mikado
Durata: 132’
Origine: Francia/Germania, 2002

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