“Lantana” di Ray Lawrence

“Lantana” inizialmente conquista, spiazza, affascina per come introduce le vicende parallele e coincidenti sull’orlo della catastrofe esistenziale, ma alla fine non ha il coraggio di seguire i suoi sbandamenti allineandosi più a un cinema di scrittura

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La bellezza della verdeggiante e apparentemente incontaminata foresta australiana, colta nel suo silenzio remoto, che si estende minacciosa e sconosciuta sulle piccole vite di uomini e donne che girano sempre intorno a se stessi. Poi, improvvisamente, il corpo di una donna senza vita rimasto incastrato tra le spirali asfissianti della lantana, la pianta appiccicosa, contorta e inestricabile che dà il titolo al film e ne segna il denso spessore. La natura è contaminata dai corpi degli uomini, corpi che fanno l’amore, ricercano una perduta sensualità, si scontrano casualmente l’uno contro l’altro, per sanguinare e poi scoppiare a piangere infantilmente, umanamente.
Nella prima parte, quando segue il personaggio schivo e confuso di Leon, poliziotto che sfoga la frustrazione della mancanza del desiderio del corpo picchiando altri corpi – come quello di uno spacciatore – o provando a desirarne altri ancora – come quello di un’annoiata casalinga separata – “Lantana” conquista, spiazza, affascina per come introduce le vicende parallele e coincidenti sull’orlo della catastrofe esistenziale, per come la mdp sta attaccata ai volti dei personaggi trasmettendo come un brivido di fredda carnalità la pesantezza e l’opacità dei loro corpi.
Ma imponente nella parte centrale si staglia la figura più tragica ed emozionante, che fa suo lo spazio vitale di ogni inquadratura e rende ancora più angusta la prigione esistenziale nella quale quei volti e quei corpi sono imprigionati; Barbara Hershey infatti porta con sé tutto il carico di stordente e disperata umanità che evoca il suo ricordo cinematografico, regala al personaggio della dott.ssa Sommers, psicologa con più problemi dei suoi pazienti, momenti di pura, quasi insostenibile emozione. Ripensando a posteriori, forse Lawrence doveva bloccare il suo occhio su quell’immagine della Hershey, chiusa in una cabina telefonica in un posto sperduto nella notte, quando le sconfinate colline verdeggianti diventano scure proiezioni di paure e fragilità. La fragilità di quella voce che chiede a una segreteria telefonica di
poter dare e ricevere comprensione, calore umano, amore, di non perdersi prima che il buio assorba entrambi. Ma poi Lawrence sceglie di seguire pedissequamente la scrittura dello sceneggiatore Andrew Bovell e tutti gli spostamenti, le perdite d’orientamento, le paure si incagliano e si disperdono nella struttura del film-mosaico. Tutto comincia a spiegarsi, tutto torna in ordine. Il buio in cui sparisce la Hersey viene rivelato dalla luce seppur grigia di un cielo piovoso. Rimane il rimpianto di sapere dove ci stavano portando quegli sbandamenti.

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Titolo originale: Lantana
Regia: Ray Lawrence
Sceneggiatura: Andrew Bovell
Fotografia: Mandy Walker
Montaggio: Karl Sodersten
Musica: Paul Kelly
Scenografia: Tony Campbell
Costumi: Margot Wilson
Interpreti: Anthony LaPaglia (Leon Zat), Kerry Armstrong (Sonja Zat), Barbara Hershey (dr.Valerie Sommers), Geoffrey Rush (John Knox), Rachael Blake (Jane O’May), Leah Purcell (Claudia), Daniella Farinacci (Paula Daniels), Vince Cosimo (Nick Daniels)
Produzione: Jan Chapman, Catherine Jarman, Rainer Mockert
Distibuzione: Fandango
Durata: 120’
Origine: Australia, 2001

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