"Hollywood-Vermont" di David Mamet

Sembra che il film scivoli di fianco agli attori, sfiori appena le situazioni che disegna: c’è come un'asincronia tra il competente corpus attoriale, l’ambizione di fare ridere pensando, la timida messa in scena e la musica sottesa a un ritmo che non c’è.

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In scena abbiamo una decina di personaggi in cerca d’autore. Sono una manciata di attori bravi ed equilibrati che svolgono con grazia il loro lavoro, aspettando che qualcuno soffi dentro di loro la vita, ricomponendo il mosaico di cui sono parte in un tutto armonico. Aspettano invano. Questo film leggiadro e imbevuto di “feel good factor” è caduto vittima della sua stessa qualità: l’understatement. E quella che poteva essere una scanzonata e graffiante critica dello showbiz e della società – ovvero ciò che ci si aspetta quando una troupe hollywoodiana sbarca nel Vermont – diventa una placida pièce cinematografica che sopravvive autoalimentandosi. Non sono assenti le tracce di stile, ad esempio in quella camera che indugia un attimo di più su un volto, subito dopo la battuta, rivelando un ottimo lavoro sull’attore. E a questo gioco si prestano particolarmente bene Philip Seymour Hoffman (che seduce e incuriosisce lo sguardo con una semplice increspatura delle labbra) e Rebecca Pidgeon, ovvero la coppia cardine dell’intreccio romantico, scontato ma godibile. Meno levigate appaiono però le battute, che sono invece il cuore di questo genere di film, la cui forte impronta teatrale e il cui determinismo farsesco giustificano una trama ben articolata ma patologicamente gracile, ed esigono in compenso il riscatto della vis verbale. Qui invece, a parte un paio di frasi memorabili sul mondo del cinema (“Non sono bugie: è talento per la fiction”, e la classica “Sempre meglio che lavorare”), spesso si ha l’imbarazzante sensazione che l’inquadratura si soffermi fiduciosa su qualcosa che non c’è. Insomma si gioca di sottrazione anzichè di accumulazione, ma manca la linfa vitale. E senza un organizzato deus ex machina, o l’ausilio di dialoghi scoppiettanti, la pochade segue pigra il suo corso per forza di inerzia, e le aspettative crollano: la patina fresca e croccante del setting (un paesino talmente vero-simile da sembrare finto) si fa evanescente, il meccanismo teatrale di entrate e uscite lascia spesso una frustrante sensazione di incompiuto, il gioco del cinema nel cinema è al limite dello sbadiglio (possibile non riuscire a inventare niente più della starlette finto-pudica e di facili costumi o del famoso attore con il debole per le ragazzine?), e anche quello del teatro nel cinema (o nel teatro) è appena accennato e subito dimenticato. Specie da quest’ultimo, si poteva invece ricavare qualcosa di più corposo, così come si potevano sottolineare con più incisività i bozzetti sulla vita di paese, dove i vecchi del bar estraggono da “Variety” perle di saggezza e il medico locale finge di preoccuparsi della sua comunità quando se ne infischia. Troppo spesso sembra che il film scivoli di fianco agli attori, sfiori appena le situazioni che disegna: c’è come un'asincronia tra il competente corpus attoriale, la chiara ambizione di fare ridere pensando, la timida messa in scena e la musica pimpante sottesa a un ritmo che non c’è. Non mancano gli spunti di riflessione, come la tacita identificazione tra cinema e società (entrambe appaiono basate su falsità e corruzione), né i dettagli di gusto (come la “cena delle beffe”, ovvero la pomposa cena bidonata a casa del sindaco), ma uno stato di sobria confusione e di compiaciuta avarizia aleggia sopra questa piccola storia corale, denunciando un autoindulgenza autoriale che suo malgrado soffoca e limita una sceneggiatura di potenzialità.Titolo Originale: State and Main
Regia: David Mamet
Sceneggiatura: David Mamet
Fotografia: Oliver Stapelton
Montaggio: Barbara Tulliver
Musica: Theodore Shapiro
Scenografia: Gemma Jackson
Costumi: Susan Lyall
Interpreti: Alec Baldwin (Bob Barrenger), Sarah Jessica Parker (Claire Wellesley), Charles Durning (Sindaco George Bailey), Philip Seymour Hoffman (Joseph Turner White), Clark Gregg (Doug Mackenzie), Patti Lupone (Sherry Bailey), Whilliam H. Macy (Walt Price), Julia Stiles (Carla Taylor), Rebecca Pidgeon (Ann Black), David Paymer (Marty Rossen).
Produzione: Sarah Green per El Dorado Pictures, Filmtown Entertainment, Hilltop Entertainment, UGC International.
Distribuzione: Medusa
Durata: 105’
Origine: Usa, 2000

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