The Replicant

Van Damme non replica gli altri suoi film sulla gemellarità (“Double Impact”,“Maximum Risk”) e rende “The Replicant” non solo un ibrido d’innesto, ma anche un’ esatta nemesi di quelle opere. Peccato.

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Al secondo film con Jean Claude Van Damme (“The Monk”, il terzo è imminente), Ringo Lam disciplina maggiormente le acrobazie dell’eroe, per dare riflessività e performatività al suo attore, utilizzando come sempre i propri mezzi espressivi. La clonazione che evoca un altro film stagionale come “Il sesto giorno”, pur attraversando i topoi del viaggio e dell’indagine, sta al centro di quello che è in pratica uno pseudo remake del penultimo film orientale del regista: “The Victim”. E come il predecessore anche “The “Replicant” è difficilmente classificabile. La sceneggiatura non replica però quella sofferenza metafisica che era parte integrante del problema etico dei due Lau-Ching-Wan: quello puro e quello malvagio. La problematica è qui affrontata secondo una traiettoria obliqua. Certo da tali partecipanti non potevamo aspettarci una narrazione morale, ma c’era comunque il materiale per fare un film di rottura. Sia ricreando l’angoscia di un futuro incerto come quello di “The Victim”, sia ponendo l’accento sul dualismo fra un Van Damme che si getta nel vuoto a furia di sterminare madri, e un Van Damme come essere in divenire che pare il fratello forzuto di “Forrest Gump”. I due gemelli corrono quindi sfortunatamente sul filo tenue come quello che percorre la sceneggiatura. Ambiguamente sospesa fra il fantastico, lo psycho-thriller, e la cronaca scientifica con una sbagliata analessi subliminale (l‘infanzia incubica del serial-killer) che non è in grado di stabilire una benchè minima empatia con lo spettatore. Pensato dunque come un “The Victim” semplificato, le manca anche il legame di sangue: quella dell’unione definitiva fra i due fratelli, appena abbozzata quando il Male mostra brevemente ammirazione per il Candore. Van Damme però almeno non replica gli altri suoi film sulla gemellarità (“Double Impact”, e “Maximum Risk”) rendendo “The Replicant” non solo un ibrido d’innesto, ma anche un’ esatta nemesi di quelle opere. Il meglio viene piuttosto da quella struttura binaria prediletta dal l’autore di “City on Fire”, e basata sul rapporto oscillante fra stima e masochismo fra il duro Rooker e il puro Van Damme. E dalla loro impotenza verso la presunta violenza praticata da elementi primordiali quali il fuoco, visto che l’incarnazione negativa di Van Damme si definisce la torcia. Ma che dire della sequenza dell’ambulanza? Pensandola nei dettagli ci sono pochi registi che sanno essere così realistici investendo anche i paraplegici. Peccato però che la strada dell’azione pura renda stereotipato il criminale (il maniaco è da fumetto) . E peccato però che la durata sia superiore ad una gara di full contact.
Titolo originale: The Replicant
Regia: Ringo Lam
Sceneggiatura: Larry Riggins, Les Weldon
Fotografia: Mike Southon
Montaggio: David M. Richardson
Musica: Guy Zerafa
Costumi:Antonia Bardon
Interpreti: Jean-Claude Van Damme (Numero Uno/La Torcia), Michael Rooker (Jake), Ian Robinson (Stan Reisman), Catherine Dent, Dan Hyatt, Marnie Alton
Produzione: Danny Lerner, John Thompson, William Vance
Distribuzione: Lion Films
Durata: 95’
Origine: Usa, 2001

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